Vai al contenuto
Home » Blog » La morte del dissenso globale

La morte del dissenso globale

i potenti si mangiano il mondo caricatura di James Gillray 1805

Vent’anni sono passati dal G8 2001, dalla definitiva repressione del dissenso globale.

Due decenni ci separano dai “fatti di Genova” non meglio definiti, perché definirli risulta difficile.
Il 22 luglio 2001, a Genova, furono celebrati i funerali della libertà.

Solo chi era troppo giovane può sottovalutare il cambiamento epocale che avvenne in quel frangente storico.
Bisognerebbe ricordare il susseguirsi di immagini colorate piene di gioia e improvvisamente quelle concitate piene di violenza e sangue
La paura e la sfiducia, nel giro di poche ore, presero il posto della speranza.
Fermare gli eccessi del capitalismo e tutelare un pianeta a rischio, divenne improvvisamente impossibile.

Nel 2001 eravamo a un bivio.
Migliaia di persone provenienti da tutto il mondo manifestavano pacificamente (come accadeva da qualche tempo ad ogni G8) per sensibilizzare le coscienze addormentate.
Era necessario far sentire forte la nostra voce a quei pochi “grandi uomini” che ancora oggi decidono le sorti dell’economia mondiale.

Si protestava contro la globalizzazione.
Cercavamo di resistere alla distruzione dell’economia locale.
Ritenevamo necessario opporre resistenza pacifica di fronte alla distruzione del pianeta.

Il nemico era la famelica avidità delle nuove potenze, non più politiche, ma economiche.
Centinaia erano le associazioni, i gruppi, i movimenti, i singoli accorsi a sostenere la necessità di fermare al più presto un sistema perverso che ci avrebbe portato alla rovina e all’ennesima crisi economica.
Crisi che si presentò puntualissima sette anni dopo.

Fu l’ultima manifestazione realmente corale, trasversale, fatta di persone e non di vuote parole su un social.
Tre anni più tardi Facebook avrebbe iniziato ad anestetizzarci, o meglio, a darci l’illusione di poter far sentire la nostra voce senza muoverci da casa.
Era il perfezionamento del controllo sociale “morbido” senza manganelli e torture.
Ma quel 22 luglio manganelli e torture dissero la loro, con la tacita o spudorata acquiescenza della politica.

Tutto era stato preparato ad arte, facendo serpeggiare tra le forze dell’ordine notizie infondate sulla pericolosità dei manifestanti. Questo spaventò i più inesperti e fomentò i più fanatici.

Ci doveva “scappare il morto” per stroncare definitivamente il movimento e così accadde.
Tutto si spense.
Da allora nessuno rialzò seriamente la testa.
Di fronte a nulla.

© riproduzione riservata


>>> visita il nostro negozio online per leggere guardare ascoltare
fuori dai circuiti mainstream

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *