Società dei Reduci dalle patrie battaglie
“Maria Luigia Ferravilla e il nobile Filippo Villani si conobbero nel 1845. Io non posso sapere ciò che nacque fra di loro, certo è che due anni dopo sono nato io.”
Ecco come Edoardo Ferravilla racconta le sue incerte origini nella vivace autobiografia scritta nel 1900. Nato a Milano il 18 ottobre 1846, diventerà un celebre attore e commediografo del teatro dialettale lombardo e un pioniere del cinema.
Così egli prosegue nel racconto della sua infanzia.
“Quando la mamma — artista di canto e non mima o ballerina come erroneamente fu scritto — si sedeva al pianoforte a studiare […] io, seduto sulle sue ginocchia, volevo toccare i tasti del piano e ripetere le parole. […] La mamma morì in Portogallo mentre io ero nel collegio Nava. Avevo sei anni e la giovanissima età non mi poteva lasciar comprendere la grandezza della sventura. Il nobile Villani sposò l’artista di ballo Carolina Say, e io sarei rimasto privo di tutto, se il tribunale non mi avesse fatto accordare una piccola pensione vitalizia: ma non c’era da stare allegri […]
Ma trovai la fortuna in altro loco. Mi si nominò tutore il ragioniere Giacomo Viglezzi che mi volle in casa sua e mi colmò d’ogni premura veramente paterna. Premura ed affetto ch’ erano in tutti i componenti quell’indimenticabile famiglia.”
Edoardo Ferravilla nominerà sempre il suo padre biologico come “il nobile Villani” o “Don Filippo”. Rimarrà sempre in contatto con lui e ne farà anche delle imitazioni a teatro, ma la sua vera famiglia sarà quella del tutore.
Il ragioniere Giacomo Viglezzi era amministratore del teatro Re (non lontano dal posto oggi occupato dal teatro Manzoni). Disponeva di un palco dove, due volte alla settimana, il piccolo Edoardo poteva applaudire le migliori commedie e i migliori interpreti dell’epoca.
È anche grazie a ciò che il giovanissimo Ferravilla, figlio d’arte e nutrito di teatro, rivela ben presto passione e talento per lo spettacolo.
Avviato con una certa fatica alla professione di contabile, sotto la tollerante guida di uno dei fratellastri, il ragazzo si dedica al lavoro d’ufficio. Intanto muove i primi passi sul palcoscenico.

Inizialmente, grazie al suo bell’aspetto e alle buone maniere, gli propongono ruoli da “amoroso”, che lo disgustano, ma in cui cerca di dare il meglio.
Sempre garbato e ironico inizia a costruire per sé dei ruoli comici. Pesca tra i “tipi umani” di cui la Milano di fine Ottocento è ben fornita. Osserva maniacalmente le movenze, i gesti, le parole e la psiche di questo o quel soggetto, colto per strada, trasformandosi anche fisicamente in esso.
Il suo personaggio più famoso, il Tecoppa, riportato magistralmente in teatro quasi un secolo dopo da Piero Mazzarella, nasce proprio così. Ecco come lo racconta lo stesso Ferravilla.
“La prima idea del Tecoppa mi venne ispirata, quando ero ancora filodrammatico, dal fabbro De Toma che fra l’uno e l’altro colpo di martello si dilettava a scriver commedie e a bere […] Tecoppa non era da principio che il nomignolo dispregiativo del personaggio […] e il nomignolo deriva dalla esclamazione meneghina Dio te coppa, Dio ti ammazzi.”
“Era il De Toma un curiosissimo tipo di fabbro-ferraio, lavoratore non troppo istruito ma ricco d’ingegno naturale: aveva negozio in una casa a porta Magenta e proprio sull’angolo della via che da quella porta prende il nome. Portava i baffi incolti, per lo più umidi di grappa finissima e foggiava le scene come si martella il ferro, senza riguardi […] Io vi raccolsi gli elementi primi che mi riuscì di fondere poi nel tipo di Tecoppa. Accarezzai lungamente quel tipo prima di arrischiarne la presentazione in pubblico, ed anche dopo. Tecoppa può essere universale; la sua figura morale, il suo carattere potrebbero trovar posto in tutte le commedie: egli è l’uomo strisciante coi ricchi, superbo coi poveri, gaudente e nemico del lavoro: ed infatti Tecoppa non fu accettato alla Camera del Lavoro.”
Quando nel 1870 il celebre artista scapigliato Cleto Arrighi (Carlo Righetti) decide di costruire il Teatro Milanese, Ferravilla coglie al volo l’occasione di entrare nella Compagnia. Il sodalizio tra i due durerà molti anni, nonostante il primo sia sanguigno e intemperante, mentre il secondo lieve e disciplinato.
Il favore del pubblico, la creatività nell’immaginare situazioni comiche e l’abilità nell’intessere dialoghi, fa guadagnare a Ferravilla la direzione artistica della compagnia teatrale nel 1876.
Poco dopo si stacca da Righetti assumendo anche gli incarichi di capocomico e amministratore.
Legato ai suoi compagni da un’allegra goliardia, ma anche da un profondo senso di responsabilità, Ferravilla amministrerà con cura la Compagnia Milanese per molti anni. Spesso provvedendo personalmente a sanare debiti di chi, come Emma Ivon, si rivela troppo generosa e spendacciona per gestire le pur cospicue entrate con criterio.
Seguono decenni di successi e riconoscimenti da parte di importanti personalità, persino dal re Umberto. Ferravilla è così schietto e divertente da guadagnarsi l’amicizia e l’ammirazione di numerose celebrità dell’epoca: da Felice Cavallotti ad Amilcare Ponchielli, da Giulio Ricordi a Giuseppe Verdi. Senza dimenticare Paolo Mantegazza che raccomandava la sua comicità persino come rimedio “igienico”.
Dina Galli lo ricorderà come suo maestro.
È infatti Edoardo Ferravilla a spingerla sul palcoscenico, come lui stesso ricorda.
“Quando nel 1890 morì la Giovannelli si dovette pensare a sostituirla. E venne in compagnia la signora Nesfi-Galli, attrice diligente, che aveva una piccina vivacissima. Questa, ricordo, stava fra le quinte e nulla perdeva dei gesti e delle voci degli attori. Dimostrò fin da quel tempo una così spiccata tendenza per il teatro che io decisi, qualche anno dopo, di affidarle piccole particine. La piccola Dina era felice. Quando la stoffa è buona è facile lavorarla. E buona stoffa certo era la Galli tanto che io non dirò mai di essere stato maestro suo, com’ella gentilmente mi proclama da quel tempo.”
I personaggi interpretati da Edoardo Ferravilla sono giunti fino a noi grazie ad un’invenzione che apparve negli ultimi anni della sua carriera: il cinema.
Massinelli, Tecoppa, Gigione, El sciur Pànera divennero protagonisti di diversi cortometraggi comici e teatrali, girati tra il 1913 e il 1915, dalla Comerio Films (poi Armenia Films).
Fu Luca Comerio in persona che convinse l’ormai settantenne attore a registrare le sue più celebri pièces teatrali, regalandoci l’emozione di poter sentire ancora la sua voce a distanza di un secolo.
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fuori dai circuiti mainstream
In Fototeca conserviamo diverse preziose gallerie di ritratti, sono collezioni di rilievo che vale la pena di esplorare sfogliando una a una le vite dei personaggi illustri che la storia non ha trasformato in icone universali, ma che hanno lasciato tracce rilevanti grazie al loro contributo umano e professionale o per la particolarità della loro vita.
Vi proporremo periodicamente un protagonista “diversamente illustre” per condurvi nel cuore di una delle nostre collezioni più interessanti, il Fondo “Società dei Reduci dalle Patrie Battaglie” del Ministero dei Beni Attività Culturali e del Turismo. Buona esplorazione ai cultori dell’immagine storica.