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Cartoline reali

Nascita erede al trono Italia 1904, francobolli con effige di reali, Elaborazione ©Fototeca Gilardi

Alla famiglia reale inglese si è aggiunto un altro membro: il terzogenito del principe William. Come da tradizione un banditore vestito in abiti settecenteschi  ha proclamato a gran voce la notizia della nascita del principino suonando una campana per richiamare l’attenzione del popolo. È curioso come gli inglesi siano affezionati a certe tradizioni: i parrucconi dei magistrati, il tè delle cinque, il banditore pubblico.
Nelle prossime settimane anche noi, che inglesi non siamo, vedremo gli Windsor immortalati su tutte le copertine dei giornali e le loro foto impazzeranno sui social.
Non si capisce se sia la gente comune che vuole sognare immaginando la vita dei re o se sono i re che curano la loro immagine pubblica e il gradimento nei loro confronti  diffondendo le immagini “private”, ma sembra che il fenomeno sia sempre esistito.
Le “cartoline reali” esistono da un paio di secoli, ma la celebrazione iconica dei reali stessi, da molto più tempo. In origine furono le monete a fare da supporto alla propaganda di sovrani e imperatori: venivano stampate con il profilo del re o della regina, prendevano addirittura il loro nome e circolando contribuivano a supportarne la fama e a permetterne il riconoscimento nel Regno.
La tradizione è arrivata fin quasi ai nostri giorni poiché la zecca di stato è solita celebrare eventi e ricorrenze emettendo delle speciali serie di monete a uso dei collezionisti, e i matrimoni e le nascite che coinvolgono le famiglie reali sono sempre stati un’occasione da non mancare.  Discorso analogo si potrebbe fare in merito alle emissioni filateliche.
Storicamente una svolta nella diffusione delle immagini delle famiglie reali avvenne con la nascita della fotoincisione e la conseguente diffusione di cartoline stampate in serie che, come ricorda e spiega Ando Gilardi  (“Storia sociale della fotografia”) daranno l’avvio alla “società dello spreco iconico”. Inizialmente vengono diffuse immagini celebrative sulla scia dei ritratti di famiglia, più informali di quelli appesi alle pareti  dei loro castelli perché si sa, al popolo piace pensare che anche la famiglia del re sia una famiglia come le altre: quando tira un vento inarrestabile di “democrazia”, va assecondato. Così vediamo spuntare le facce dei sovrani e dei loro figli, in vari fogli volanti, riviste e cartoline colorate, per arrivare qualche tempo dopo ai ritratti fotografici ufficiali, come quelli magnificamente eseguiti da Ghitta Carell.
Gli stessi reali iniziano ad appassionarsi di fotografia, come accade alla coppia indissolubile dei nostri ultimi sovrani: Elena di Savoia e Vittorio Emanuele III. Pare che sia stata proprio la Regina Elena ad inventare la “fotografia autografata” da vendere sui banchi di beneficenza per reperire fondi durante la prima guerra mondiale, e numerose sono le foto rese pubbliche che ritraggono momenti di vita privata dei Savoia.
Così pian piano, tra ritratti ufficiali e ufficiosi, siamo giunti all’ultimo degli Windsor e alla sua “normale” famiglia reale, ritratta da ogni angolazione (come tutte le giovani e super prolifiche famiglie reali d’Europa) sorridente, abbigliata con una perfetta armonia cromatica finto-casuale, pronta a invadere gli schermi di tutto il mondo e arricchire le effimere collezioni, di noi bulimici consumatori di cartoline digitali.

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