Arrivarono in auto.
Guidava Elena. Eravamo tutti emozionatissimi.
Avevamo tutti a tracolla la nostra macchina fotografica.
Quanto avremmo appreso: profondità di campo, velocità otturazione, posa B.
Non avevamo la minima idea di quello che ci insegnò in due giorni questo signor Gilardi.
Macchina fotografica? da buttare.
E con quello che ho speso? Da buttare.
E gli obbiettivi? Non servono più? Come non servono più?
Eravamo tutti un po’ frastornati.
Io ero molto frastonato ma anche un po’ curioso.
Gilardi iniziò a parlare della storia della fotografia poi, verso sera, chiese a uno di noi di fare da cavia per un gioco-esperimento.
Fui io la cavia.
Mi disse: se mi concedi di non scattare instantanee ora ti dimostro che farò più tipi di fotografie io con una scatola che tu con la tua Canon AT1.
Vinse.
Stravinse.
Non perché la mia macchina fotografica non era all’altezza ma perché la sua scatola era magica.
Compito per il giorno dopo?
Lasciate a casa tutto l’armamentario fotografico e venite con scatole da scarpe (vuote naturalmente) e fustini del detersivo (esistevano anche se molti oggi non sanno cosa sono).
La sera andammo a mangiare insieme e io rimasi con la bocca aperta ad ascoltarlo fino alla frutta.
