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Olives et Boulons

Olives et Boulons

Olives et Boulons ovvero: Elena, Patrizia + Olive & Bulloni a Parigi

Alle 18:30 del 7-6-2012 eravamo all’Istituto Italiano di Cultura de Paris con l’arduo compito di introdurre la mostra “Olives et Boulons”. Il nostro precedeva gli interventi  di Antonella Russo e Fabrizio Urettini.

Inutile dire che sentivamo la mancanza di Ando ed ecco quello che abbiamo raccontato, che per l’occasione, era stato preventivamente tradotto in francese e distribuito in dattiloscritto ai presenti:

Ritratto impossibile

«Chi era Ando Gilardi?
Ando Gilardi  era una persona… …  è davvero difficile da raccontare in due parole… vorremmo proprio che questa sera fosse con noi:  in ogni occasione aveva una battuta che ti faceva ridere e pensare, mai banale… anzi! il paradosso era il suo più grande divertimento:  attraverso una battuta era capace di farti commuovere e poi magari ti faceva ridere sul racconto di una spaventosa tragedia…:  disorientava.

Umorismo volontario

Vorremmo proprio farvi  assaggiare la quota di umorismo che Ando metteva nel suo lavoro e con la quale contagiava chi gli stava vicino. Per farvi un esempio vi leggiamo la stramba lapide per un foto-litografo “morto” scritta da lui, ispirato da un problema in redazione, in seguito al quale le fotografie di un servizio erano state riprodotte sulla rivista scurissime e troppo contrastate:

QUI POSA
PER LA DURATA NON DI UN MILLESIMO
NE’ DI UN CENTESIMO
MA DI UNA ETERNITÀ DI SECONDO
L’INVENTORE DELLE EX-FOTO
NOI VIVI
L’ESTREMO ADDIO
GLI DIAMO:
EGLI MORÍ COME VISSE
FRA ESTREMI CONTRASTI E
SENZA GRIGI
MA SOLO NERI E NERI
PER CUI
RIPOSA IN PECE

Posa, riposa, pace, pece, neri e neri invece che bianchi e neri, ex-voto  … ex-Foto!   Giochi di parole… Ando si divertiva con le parole (scusate magari in francese non fa così ridere…) ma diceva sempre che il linguaggio non aveva le parole adatte per parlare di Fotografia e che si usavano i termini ereditati dalle altre tecniche per produrre immagini ed era questo il motivo per cui spesso se ne parlava impropriamente, inevitabile!  Gilardi parlava spesso della morte e moltissimo della sua morte; e poi  era fotografo “dentro”, l’ombra, la luce, i contrasti per lui erano la vita. Fino agli ultimi giorni i suoi discorsi.

Ma stiamo scivolando nel patetico e non è il caso. Ora racconteremo di come questa mostra è stata preparata:  ha una storia strana.  È vero che è stata preparata “all’insaputa” dell’autore:  lui sostiene di  non aver mai rubato una fotografia ai suoi soggetti …  e che invece da noi è stato come… depredato! Nella prefazione a questa mostra leggerete la SUA versione dei fatti.   Ecco invece la nostra.

La nostra versione

Abbiamo conosciuto Ando, sua moglie Luciana e cominciato a lavorare nel loro studio, alla fine degli anni 70, noi ancora studenti,  lui aveva appena finito di scrivere la Storia Sociale della Fotografia. Tuttavia le fotografie che vedete oggi in questa mostra le abbiamo “scoperte” circa dieci anni dopo, alla fine degli anni 80.

Questi reportage realizzati da Ando Gilardi negli anni 50/60 e che noi oggi riteniamo siano il nucleo dell’archivio erano sempre stati tenuti  separati  – a parte –  rispetto agli indici per  “soggetto – luogo – anno” a parte dal  resto dell’archivio. Sulle ragioni che hanno motivato questo fatto, stiamo ancora ragionando…  comunque, a partire dal 1993 quando abbiamo acquisito con la loro fiducia la responsabilità operativa del lavoro in Fototeca, abbiamo deciso di organizzare e catalogare questo fondo come secondo noi meritava…  (ancora non abbiamo finito).

Organizzarlo con il più grande rispetto sia per il fotografante che per i fotografati. Per noi queste immagini evocavano un mondo quasi magico, ideale.

Ci sembravano e sembrano tuttora, un frammento di Utopia, di un mondo popolato di persone semplici e forti, poverissime ma unite da un ideale di solidarietà per la condivisione del minimo necessario. Tuttavia decise a rivendicare i propri diritti e un futuro migliore.

Contro la malinconia

Così “valorizzare” questo piccolo tesoro umano e iconografico, nelle nostre intenzioni era un gesto di affetto sia nei confronti di Ando e del suo immaginario da giovane idealista rivoluzionario, che delle persone ritratte.

Nel procedere della catalogazione compilando le schede, ci facevamo aiutare da lui sollecitando le informazioni  che mancavano (luoghi, date etc). In quelle occasioni sempre cercava di distoglierci, diceva che stavamo “buttando via del lavoro”, ma lo diceva con una strana malinconia.

Noi invece eravamo convinte del contrario.  E poi è arrivato Fabrizio, ha consultato il fondo dei reportage di Ando per realizzare una mostra storica sul lavoro femminile e anche lui ha visto in quell’insieme di  immagini quello che vedevamo noi.  È nato il progetto di Olive & Bulloni e, in perfetta buona fede, abbiamo pensato fare una bella sorpresa ad Ando, ma quando glielo abbiamo detto  – a cose fatte – la sua reazione non è stata propriamente positiva… noi oggi pensiamo che forse era il suo passato da giovane idealista che lo faceva un po’ arrabbiare. »

Fine del nostro racconto all’Istituto Italiano di Cultura a Parigi.

Olives et Boulons - Parigi, 7-6-2012/24-8-2012

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