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Storia del tappeto

Botteca di tessitura tappeti, antica radizione artigianale arrivata fino ai giorni nostri, Turchia ©Fototeca Gilardi

Il tappeto, oggetto d’arredo che divide appassionati e detrattori, ha origine antichissima. Il primo esemplare conosciuto, il tappeto Pazyryk data il 500 a.C. e la sua manifattura si fa risalire a zone interne dell’Armenia o della Persia . È a Oriente infatti che nasce l’arte di annodare tappeti con fibre di lana, seta, cotone o altri vegetali, probabilmente nell’ambito delle numerose tribù nomadi che percorrevano le steppe dell’Asia centrale e necessitavano di drappi resistenti, ma più leggeri delle pelli e del cuoio, per arredare le loro abitazioni provvisorie. I telai delle popolazioni nomadi erano semplici strutture orizzontali, facilmente smontabili e trasportabili e venivano usati “a terra”, a differenza dei telai “stanziali” verticali, composti da due cilindri, disposti orizzontalmente e collegati da assi verticali regolabili per variare la dimensione del tappeto.
Storicamente l’arte del tappeto orientale tocca l’auge nel VII secolo con l’avvento dell’Islam che lega sotto un unico credo le popolazioni del Nord Africa, del Medio Oriente, dell’Asia centrale e dell’India, tutte diverse per cultura, ma tutte legate all’ambiente desertico e alla pastorizia.
La cultura stanziale e quella nomadica ispirano motivi diversi nella composizione artistica del tappeto: i nomadi che amano gli spazi infiniti e vivono in base a tradizioni immutabili tessono i loro tappeti con motivi geometrici semplici e ripetitivi; vivono il tappeto come una delle poche espressioni artistiche a loro concesse, per questo la realizzazione dei loro manufatti è particolarmente accurata, inoltre concepiscono questo “spazio” di tessuto come un vero luogo, quindi inseriscono nella sua trama scongiuri e formule magiche affinché abbia il potere di proteggerli quando stazionano al suo interno.
Per i sedentari, invece, le forme sono suggerite dalla valenza religiosa del tappeto che viene concepito come il meraviglioso giardino dell’Eden tramandato dall’Islam: lo spazio è incorniciato e circoscritto, saturo di motivi floreali e arabescati, tutto convergente al centro.
Ovviamente anche la scelta dei colori si rifà alle associazioni cromatiche della cultura orientale dove il bianco rappresenta dolore e lutto, il rosso gioia e ricchezza, l’arancione pietà e devozione e dove il verde va usato con parsimonia, perché è il colore del mantello del Profeta.
Divenuti quasi oggetto di culto nel corso del Medioevo e del Rinascimento, i tappeti orientali, fino ad allora importati dalle famiglie più ricche d’Europa con enorme dispendio di denaro, persero il loro appeal nel corso del XVIII secolo per poi tornare alla ribalta nel XIX secolo a seguito del rinato interesse artistico e culturale per l’Oriente del periodo colonialista. Vari pittori e grafici furono ispirati dai motivi arabeggianti e floreali dei tappeti orientali e lo stesso William Morris ne riprese alcuni per la realizzazione di tessuti e tappezzerie. Sarà proprio nel corso dell’Ottocento che si formeranno le più importanti collezioni conosciute di tappeti orientali – soprattutto in Inghilterra, Germania e Stati Uniti – capaci di raccogliere l’infinita gamma di variazioni culturali, artistiche e artigianali del tappeto, dagli esemplari anatolici “a preghiera” ornati da grandi motivi geometrici, con tinte forti e calde e pelo rasato, fino agli esemplari caucasici di raffinatissima esecuzione che combinano motivi geometrici ripetuti in varie dimensioni, con motivi arabeggianti.
Un’ultima curiosità: nella realizzazione tradizionale del tappeto l’annodatura era affidata alle donne della famiglia, con la più anziana a “dirigere” il procedimento, mentre il lavaggio finale spettava agli uomini. Anticamente però, questa finitura del tappeto non consisteva nel lavaggio, ma in un “maltrattamento” particolare affidato ai passanti: si stendeva il manufatto nuovo sulle strade affinché venisse calpestato, poi il tappeto veniva battuto, passato con acqua e aceto e, infine, trascinato sull’erba da animali da tiro. Dopo tutto ciò, la sua durata era assicurata.

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