Cosa leggete sdraiati sotto l’ombrellone?
Gialli, saggi, biografie, romanzi, racconti di fantascienza o di avventura?
Qualunque genere vi stia accompagnando nel corso di questa caldissima estate, è probabile che abbiate in mano un libro cartaceo e, soprattutto, in formato “tascabile”.
Immune al caldo torrido e alla luce, a differenza di molti dispositivi digitali, i libri tascabili restano i volumi preferiti dai lettori vacanzieri.
Forse non tutti sanno che l’origine di questo formato mignon risale al XVI secolo e la dobbiamo al celebre stampatore veneziano Aldo Manuzio.
Percorrendo le fasi storiche che segnano il passaggio dall’utilizzo di rotoli di papiro ai libri moderni, ci imbattiamo in una data, il 170 a.C.
Questa data segnerebbe il momento in cui entrò nell’uso comune la pergamena, la cui natura permise presto di dare una diversa forma ai libri
Nasceva così il “codice” grazie ad un nuovo supporto costoso, ma con molto spazio per la scrittura bilaterale; un materiale resistente e flessibile senza pericolo di rottura.
Con la pergamena diventa facile realizzare i fascicoli cuciti e rilegati, che permettono di visionare due facciate alla volta. Nasce in poche parole il libro, un oggetto agevole da maneggiare e riporre, fatto di fogli legati su uno stesso dorso e tenuti insieme da una copertina.
Inutile ricordare come la stampa a caratteri mobili e l’uso della carta, rivoluzionarono il comparto librario, ma è interessante invece capire l’origine dei primi “formati”.
La tecnica utilizzata dagli stampatori prevedeva l’utilizzo di grandi fogli di carta, sui quali si imprimevano diverse pagine fronte/retro.
A seconda delle dimensioni che si volevano dare al libro, veniva scelto il numero di pagine da stampare su ogni singolo foglio.
Infine si calcolava il numero di volte in cui il foglio sarebbe stato piegato e diviso.
Da qui i formati più comuni:
- “in folio” (1 sola piega, 2 fogli, cioè 4 pagine).
- “in 4°” (2 pieghe, 4 fogli, cioè 8 pagine)
- “in 8°” (3 pieghe, 8 fogli, cioè 16 pagine);
- “in 16°” (4 pieghe, 16 fogli, cioè 32 pagine).
Ma la spinta che portò all’invenzione del formato tascabile, alla fine del Cinquecento, si deve alle censure della Controriforma e dell’Inquisizione.
In seguito a processi ed esecuzioni di letterati ed editori che avevano osato pubblicare libri ritenuti proibiti, inizia a diffondersi un libro “tascabile” discreto e facile da nascondere.
Aldo Manuzio fu il primo, nel 1501, a creare una collana “in-8° piccolo”: piegando in tre la carta migliore allora sul mercato (32 x 42 cm), arrivò a pagine di 10,5 x 16 cm. Aveva inventato i libri tascabili.
Nacque così l’enchiridio (il libro “che si tiene in mano”) per il quale Manuzio inventò anche un nuovo font più compatto, per favorire la riduzione: il “cancelleresco”, a noi noto come corsivo.
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