Il privilegio è definito come “uno speciale onore” oppure come “un vantaggio che consente di sottrarsi a determinati obblighi”.
Quest’ultima accezione ci rende chiaro come il privilegio sottragga alla legge chi ne è coinvolto.
La parola infatti è formata dai due termini latini “privus” e “lex”, per intendere appunto chi è privo di obblighi verso le regole dettate dalla giustizia.
Ecco che privilegiato si svela per ciò che è in realtà, cioè qualcuno che può infischiarsene di alcune prescrizioni sociali o giuridiche di una società.
Come accadeva ai nobili in passato e ai ricchi, da sempre.
La nostra percezione nei confronti di chi ha dei privilegi è dunque esatta.
Etimologicamente esatta.
Ma c’è di più.
Esiste un’altra parola che si sovrappone quasi completamente al termine “privilegio”, ma che – a differenza di esso – ha un’accezione negativa.
Si tratta di “fuorilegge”.
È intuitivo che “fuori-legge” e “privi-legio” siano etimologicamente imparentate.
La sottigliezza sta solo nel soggetto che dà il via alla trasgressione.
Nel caso del fuorilegge è lui stesso che si pone al di fuori del codice e decide di operare contro il sistema.
Nel caso del privilegiato, invece, siamo tutti noi che glielo permettiamo. Mentre sta a lui approfittarsene o meno.
C’è di che riflettere, vero?
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