Nella Fotografia tra consumo prodotto e rifiuti c’è una cosa importante che conta, la più importante: il gesto di/del fotografare. Per il quale non occorre che la macchina sia carica. Non scherzo: se tu dici a un fotografo specialmente analogico che lui le fotografie che prende con una macchina che le fa, non le vede se non dopo e anche spesso talvolta molto tempo (sviluppo, fissaggio, stampa e ancora sviluppo… eccetera) magari scopri che non ci aveva mai pensato. Ora tu te lo immagini un pittore che dipinga un quadro: intinge il pennello, lo passa sulla tela… eccetera eccetera, ma non lascia traccia, non vede ancora nulla… vedrà magari il dipinto dopo un mese. Tu credi che al pittore gli sembri normale? Amico mio, il fotografo non è una persona normale: i termini giusti sono due: paranoico e schizofrenico. Attenzione! lo diventa solo appena tocca la macchina. Parlo per me, io da ragazzo specialmente ho fotografato per anni con la macchina vuota: era il mio strumento di seduzione, non hai idea di quante ragazze mi sono palpato per metterle in posa (temo di avere avuto anche un figlio… della Kodak). Purtroppo poi per vivere ho dovuto comprare i rullini… (Michele perdonami, giuro che la smetto! Ma in Facebook non mi scrive mai nessuno…) [13/05/2011]
Scusa ancora Michele ma è questione di vita o di morte. La fotografia, una sua immagine, può essere un consumo o un prodotto e ci passa un abisso. Se io fotografo per mio diletto, per l’album di famiglia, come quel caro amico le vecchie automobili… Ho consumato, mi sono goduto, le immagini che ho preso con una macchina che le fa. Se io fotografo le automobili per venderle ai giornali o ai padroni… Insomma per venderle, allora le stesse fotografie sono un prodotto o meglio lo diventano davvero se riesco a venderle. E se non ci riesco? Tanti ortolani al mercato non riescono a vendere tutta l’insalata e quella che rimane non è un consumo e nemmeno un prodotto ma… diciamo un rifiuto? Spazzatura. In ogni caso, consumo prodotto e rifiuto, il significato di quella stessa fotografia non è lo stesso nemmeno dalla lontanissima. Meglio che chiaro questo è ovvio: tutti i fantastici amici di questa favolosa rubrica per la quale trascuro il mio Facebook, se non precisano di che fotografia parlano, consumo prodotto o spazzatura, molto resta nel vago. Poi ci sono casi in cui il consumo può diventare prodotto e il prodotto spazzatura e nei premi Pulitzer abbiamo esempi famosi, ma la metamorfosi è soprattutto semantica… Insomma, come Michele insegna parlare di fotografia non è facile proprio perché lo è troppo, ma lo stesso succede con le donne, e la Fotografia donna lo è …. (Bello, vero?) [13/05/2011]
Caro Michele, mettiamola così: un fotografo geniale che mi piace immaginare ebreo, ha una buona idea: dice alla moglie o alla sorella: allungati per terra, togliti una scarpa, poi prende un pezzo di muro e lo mette lì, aggiunge – geniale – un tappo rosso, fotografa il tutto come si vede in quella che pubblichi e manda l’istantanea al Pulitzer e vince il primo premio. Fantastico, sublime! Abbiamo un secondo Miliziano di Capa! Quel fotografo giustamente passa alla storia: ha reso omaggio e gloria alla Fotografia, al mestiere onorato di onesto fotografo e al suo popolo… Messa invece così, se i piedi sono davvero di una povera morta senza nome, senza volto (terribile: si può essere decapitati anche da morto) credi Michele, quella fotografia è una vergogna. Michele, il resto è silenzio… [10/05/2011]
Michele non vale e non te la perdonerò mai! Mi hai rubato la parte, hai preso il mio postooooo! Avviso gli amici che se Michele lo ha scritto prima il “suo” testo l’avevo pensato ioooooooooooooooooo! Però io adesso sto scrivendo la sceneggiatura di un film dal titolo Fantozzi Bin Laden, dove l’immortale ragioniere prende il posto di Bin e naturalmente si sbaglia e colpisce invece delle Torri Gemelle la Torre di Pisa… Roba da scompisciarsi dal ridere… Voglio vedere se Michele arriva prima anche stavolta… [06/05/2011]
Quando ho cominciato con Fotocrazia ho scritto subito che considero questa rubrica che mi piace tanto, per dirla con le solite mie metafore sceme, una specie di corte fotografica dove siamo ospiti di un Duca della Fotografia, Michele, che poi ci sono tanti cortigiani bravi e simpatici che discutono amabilmente… Insomma come nella prima scena del Rigoletto. Nel quadro di Fotocrazia mancava lui, il Buffone, una parte che mi piace tantissimo, mi sono proposto per divertirmi e divertire i cortigiani e mi illudo di esserci un pochino riuscito.
Perché scrivo e ricordo queste cose? Perché sto scrivendo un testo difficile e non vorrei che poi fosse accolto in modo sbagliato e peggio che mai provocante. Nel testo propongo un parallelo fra la fotografia del Papa con Pinochet e la fotografia del Miliziano di Capa a tutti ben nota: hanno molto in comune, o sono entrambe due falsi o sono vere egualmente. Nella fotografia del Papa con Pinochet abbiamo un paradosso: come se nella fotografia del Miliziano ci fosse anche l’autore, Capa! La prima spiegazione è semplicistica: il vero autore della fotografia, nel senso reale morale politico e sociale, è proprio lui, Pinochet e non si discute. Ma al tempo stesso questa presenza rispecchiata in icona la quale sarebbe come la superfirma dell’opera la rende impossibile: più falsa che mai… Questo per darvi un incipit del testo che scrivo, se poi beninteso avrò il coraggio di pubblicarlo. [02/05/2011]