Anche questo mese ecco l’appuntamento con il post gilardiano della serie “Effemeride delle Immagini. Un sistema nuovissimo per l’archiviazione di tutte le figure”. Proseguono gli appuntamenti per festeggiare 100° anniversario della nascita di Ando Gilardi vedi calendario.
Per l’occasione abbiamo riaperto il suo BLOG pubblicando ogni mese un post di questa serie. A questo link si trovano le motivazioni per il testo scelto e si spiega anche il perché della forma di oroscopo.
Ecco la trascrizione:
Luglio è tempo da archiviare
e lo devi calcolare
Il nuovo archivista rivolge ai generi (pitture, incisioni, affreschi, disegni, fotografie, eccetera) degli originali delle immagini che vuole archiviare, solo l’attenzione che può essergli richiesta per il fatto che «quel» genere di «quella» immagine può influire, o tanto o poco, sui significati nuovi e utili per un futuro sfruttamento.
Il genere, dunque, non è «materia» ma è «senso» dell’immagine; è per quanto riguarda il formato, sempre degli originali, questo addirittura è un non-senso. Infatti il vero archivista, prima di riporre il «dato» visivo nella banca del suo archivio, provvede all’unificazione di tutti gli originali nel formato unico stabilito per l’archivio medesimo.
È la fotografia che, formidabile miniaturizzatrice, ha reso possibile, non solo indispensabile, la «memorizzazione di tutte le memorie» visive, la ri-specchiatura di tutti gli specchi, e dei loro frammenti; in una parola la perfetta riproduzione globale di tutto il prodotto iconico di 50.000 anni, a colori e no, ri-utilizzabile nel ciclo sempre più ampio e vorticoso della visione collettiva universale.
In parole differenti: l’ «ingresso» tecnico-operativo di un archivio che non sia una tomba caotica di immagini cadaveriche, e nemmeno un disabitato museo, è un apparato di riproduzione delle «immagini originali» in «matrici d’archivio», se vogliamo usare questa parola più propria in luogo di «dati». Le riproduzioni devono essere eseguite in tempi «archiviabili».
Si dicono tempi archiviabili quelli comprensivi del lavoro di riproduzione appena detto, più il lavoro di schedatura di cui parleremo, più il lavoro di sistemazione delle «matrici d’archivio» e delle «schede d’archivio» nei contenitori, nelle «cassette di sicurezza» della nostra banca di dati visivi.
I tempi archiviabili sono un valore concreto e delle matrici e delle schede.
E perché possano considerarsi tali, questi tempi devono essere sufficienti a smaltire quello che viene previsto come afflusso di nuove immagini per l’archiviazione.
Naturalmente è necessario programmare al principio della formazione dell’archivio un tempo archiviabile in rapporto alla quantità (grande, piccola, zero … ) di immagini già in attesa di sistemazione.
Un errore di calcolo del tempo in quanto «oggetto» archiviabile né più né meno come le immagini, può far perdere a queste anche il loro proprio «intrinseco» ma inutilizzabile valore.
LEONE
PIANETA DOMINANTE SOLE, GIORNO FORTUNATO DOMENICA, COLORI PRATICAMENTE TUTTI, SIGNIFICATO EMIGRANTE DALL’ORIGINARIO CENTRO D’INTERESSE VERSO L’ESTREMA PERIFERIA
Nascono sotto il segno del Leone, il più delle volte nei giorni domenicali e in quelle che con frase mirabile nella sua contraddizione assurda diconsi feste comandate, miliardi e miliardi d’immagini ricordo ovvero familiari cerimoniali private festaiole vacanziere eccetera.
In origine s’apre in queste navicelle della visione il pertugio di un volto attraverso il quale l’attenzione le ricolma per farle affondare quasi sempre nel ridicolo.
E quello di un soggetto riconoscibile dallo spettatore pertinente senza minimi dubbi: a lui sono rivelati lo zio il cognato l’amico tal dei tali, malamente sfregiati dall’involontaria caricatura fotografica.
Con il trascorrere inesorabile del tempo e la dilapidazione nella Nemesi d’ogni collegamento anagrafico possibile, le immagini del Leone, assemblate in quantità sufficientemente omologate cronologicamente, perdono qualsivoglia interesse schedografico riferibile ai nomi-visi malconci, per dir qualcosa di vario recuperabile all’uso, che può considerarsi il primo concreto, attraverso particolari in origine trascurati e trascurabili, quali ad esempio il triciclo d’appoggio del soggetto, il fondale se egli venne ritratto in atelier, la foggia delle scarpe, la coccarda all’occhiello e una quantità di altri segni emersi dall’insignificante originale sommergendo in un nuovo non senso tutto quello che in principio aveva un significato.