Il 2021 è l’anno del 100° anniversario della nascita di Ando Gilardi, il nostro fondatore. Per festeggiare quest’anno abbiamo deciso di riaprire il suo BLOG pubblicando ogni mese un suo post. A questo link trovate info sul testo che abbiamo scelto: da lui intitolato “Effemeride delle Immagini. Un sistema nuovissimo per l’archiviazione di tutte le figure”. In questa serie Gilardi si è intrattenuto per gioco con il linguaggio dell’astrologia in modo alquanto arbitrario.
Ecco la trascrizione:
Marzo viene, spesso matto:
l’archivista è un monatto
Nel mondo esistono miliardi di miliardi di miliardi di fotografie… non esiste un solo libro, una sola dispensa, che tratti il problema della loro archiviazione.
Le pochissime pubblicazioni che si trovano, semplici fascicoletti, superano ogni immaginabile livello di stupidità. Esistono però, e sono numerosissimi, «archivi fotografici» presso, ad esempio, grandi e piccole case editrici, quali Mondadori, Fabbri, Rizzoli, Mazzotta eccetera. E presso vari istituti ed enti e musei. Tutti questi archivi sono, per dirla benevolmente, imperfetti e in essi si rappresentano un costoso «disordine condizionato» e una spesso grottesca «confusione personalizzata».
Il disordine dei piccoli e grandi «archivi fotografici» è condizionato, strettamente, a quello che fu il primo utilizzo dell’immagine (ricordiamo che può essere la fotografia di un elefante «vero», della fotografia e del quadro di un elefante… cioè produzione e ri-produzione), per cui alla fine non è archiviata l’immagine ma proprio il suo primo utilizzo, nel senso del suo primo scopo. Questi scopo – e – utilizzo hanno a «che vedere» con l’immagine solo in uno dei molti modi possibili.
Diciamo che la fotografia si è fatta mela una sola volta ed è stata mangiata. Archiviare una «mela mangiata» significa archiviare un «torsolo», cioè qualcosa di inutile, almeno come frutto tuttavia commestibile. Non è ahimé! possibile trascurare un piccolo discorso sull’archivista. Non come uomo (e come tale può essere persona degna e intelligente) ma come individuo-mansione. Allora si tratta di un imbecille assoluto completamente frustrato: nessun paragone è possibile con il bibliotecario.
Ad esempio, quando l’archivista di immagini non è un imbecille assoluto, o finge di esserlo per proteggere un minimo della propria identità, è persona che odia ferocemente le immagini che deve «archiviare»: ha verso di loro lo stesso rapporto che l’antico vuotacessi aveva con la merda, e il monatto con i cadaveri degli appestati.
L’archivista di immagini le considera merde a due dimensioni, o piccoli cadaveri che bisogna seppellire confusamente in una fossa comune chiamata, appunto, archivio.
ARIETE
PIANETA DOMINANTE MARTE,
GIORNO FORTUNATO MARTEDÌ, COLORI ROSSO ARANCIONE GIALLO,
PUBBLICAZIONI A PERIODI CORTI. CARATTERE INVADENTE
Le immagini nate sotto il segno dell’ Ariete, fotografiche specialmente, producono una immediata violenta impressione che rapidamente decresce. In realtà l’ «emozione» si trova, nel momento della visione, soprattutto nello spettatore e l’immagine agisce come un innesco per la medesima.
Appartengono all’Ariete i ritratti di stretti congiunti defunti di fresco, appena sepolti; quali il marito ad esempio il cui ritratto per la vedova è oggi eccitante al singhiozzo però, ahimé!, dopo qualche anno come si narra in una famosa novella di Balzac, viene usato per scrivergli sul rovescio l’indirizzo dell’amante. Al di là del privato troviamo immagini Ariete negli immensi repertori che si accumulano durante le guerre, specie se lunghe o prolungate. «Guarda che posa strana!», oppure «Sembra una scultura di Moore» può accadere di sentire esclamare osservando una fotografia della guerra di secessione americana dove appare un cadavere gonfio che pende dall’albero. Al limite: «Perché non lo raccolgono? Pare maturo! ». L’archivista tenga conto di questo pronostico nella schedatura. Lo stampatore dei colori per i viraggi. L’editore del miglior giorno d’uscita per la copertina.
Estratto da Phototeca 13 – Almanacco infernale 1984, testo di Ando Gilardi, art director Giancarlo Iliprandi