Quattro bambini, quattro amici si sono legati con un fortissimo “patto di sputo” che a dir loro suona meglio e impegna molto di più del tragico “patto di sangue” di certi adulti che già a nominarlo fa impressione e anche un po’ schifo. La violenza vera disgusta i bambini.
Le loro famiglie sono di estrazione sociale e ideologica estremamente diversa, ma i bambini vivono nella stessa “bolla” fantastica che si sono costruiti giocando insieme in una realtà comune che, come i sogni, prende un po’ spunto dal vissuto quotidiano e un po’ elabora secondo le inclinazioni di ciascuno.
Il vissuto quotidiano è l’Italia del 1943, drammaticamente di passaggio, quando la necessità di schierarsi con una parte o con l’altra si fa impellente per tutti e si diffonde il sospetto dell’esistenza di una Soluzione Finale concepita su scala industriale e imperniata sulla rete ferroviaria. Ma per i quattro bambini è tutto molto sfumato e allo stesso tempo è chiaro che la priorità rimane comunque l’amicizia e il reciproco e incrollabile mutuo soccorso fra loro.
È un libro è un film
Non vado più avanti nella narrazione della storia perché non vorrei togliere il gusto a chi volesse – e lo consiglio vivamente – andare a vedere il film e leggere il libro.
Sì sto parlando di un film tratto da un libro del quale il regista si è innamorato.
Il regista è Claudio Bisio che debutta con L’ultima volta che siamo stati bambini, adattamento dell’omonimo romanzo di Fabio Bartolomei che firma con Fabio Bonifacci anche il soggetto. La sceneggiatura è scritta da Fabio Bonifacci e Claudio Bisio. La scenografia è curata da Paola Comencini, la fotografia è firmata da Italo Pietriccione e i costumi sono curati da Beatrice Giannini.
In rete circolano molte interviste e trailer del film quindi lascerei ai protagonisti la facoltà di raccontarsi in prima persona più che altro perché lo sanno fare molto bene! Gli attori bambini sono eccezionali e sicuramente anche Claudio Bisio che a un certo punto afferma, per assimilarsi ai piccoli, che in quanto regista si sente anche lui bambino.
A me è sembrata una storia onesta, contro la guerra e le discriminazioni, che trasmette fiducia nel buonsenso e nel candido slancio diplomatico dei bambini. La storia infonde la speranza che non cambino una volta cresciuti. Sempre ammesso che sopravvivano fino all’età adulta.
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