Nelle rappresentazioni natalizie di tutto il mondo, accanto ai protagonisti umani e sovrumani che tutti conosciamo, appaiono anche una serie di animali senza i quali il Natale non sarebbe più lo stesso. Provate ad immaginare un presepe senza bue e asinello. O senza pecore!
Una tristezza infinita.
Certo ci sarebbe da capire come mai San Francesco ebbe l’idea di inserire proprio questi animali nel primo presepe della storia, ma come sempre accade per gli elementi più folcloristici della religione cattolica, ci vengono in soccorso i vangeli apocrifi, in particolare il Vangelo apocrifo dello pseudo Matteo, che riporta la presenza di un bue e di un asinello nella grotta (non capanna, badate bene) di Betlemme.
I due protagonisti del regno animale, inginocchiati al cospetto del neonato Figlio di Dio, non sono lì per caso, ma hanno un preciso significato simbolico. Via … non del tutto preciso.
C’è chi dice che il bue rappresenti la passività di chi è succube del proprio istinto animale, chi lo vede come immagine del popolo ebraico, chi invece lo considera un’allegoria della parola dei profeti (la quale scava un solco nell’animo umano, così come fa il bue tirando l’aratro), chi, come San Girolamo, ci vede il simbolo dell’Antico Testamento, mentre per Riccardo di San Vittore, rappresenterebbe una preziosa virtù: l’umiltà (che solitamente è attribuita al suo “collega”).
Ancora più confusa è l’iconografia dell’asino, che passa dal rappresentare l’ignoranza e la caparbietà del genere umano, fino a evocare la povertà in cui Gesù nasce; alcuni ricollegano l’umile cavalcatura alla stupidità, mentre altri lo ritengono simbolo di fertilità e forza. Contrapposto al bue, simboleggia il Nuovo Testamento, o i popoli pagani (non ebrei), mentre per Zaccaria è la cavalcatura dei profeti.
In ogni caso le due creature, cariche delle loro simbologie, piegano le ginocchia al cospetto del bambino divino per devozione e finiscono per scaldarlo con il loro fiato.
Inutile ricordare che invece agnellini e pecore arrivati alla grotta insieme ai pastori, inseriscono nella Natività il ricordo dell’innocenza (agnello) e il simbolo del popolo cristiano (pecore).
In Portogallo c’è un altro animale che viene evocato durante il Natale, ed è il gallo, poiché si racconta che nel momento in cui nacque Gesù, un gallo cantò a squarciagola nonostante non fosse ancora l’alba, per questo la Messa di mezzanotte viene chiamata dai portoghesi “messa del gallo”. Analogamente diverse leggende raccontano dell’omaggio di altri animali nel momento della nascita di Gesù: le api ronzarono sommessamente, e il pettirosso cinguettò soave venendo premiato con una voce ancor più melodiosa.
Purtroppo però non a tutti il Natale porta bene. Anticamente ce n’erano alcuni, oltre a quelli che rappresentavano la portata principale del pranzo natalizio (solitamente tacchini e oche) che non gioivano affatto per l’arrivo di questa festività, ed erano gli scriccioli irlandesi. Esisteva infatti una tradizionale “caccia allo scricciolo” natalizia che vedeva i ragazzini catturare un uccellino, legarlo in una gabbia di edera e agrifoglio posta su un bastone, e portarlo in giro per la questua. Il trattamento poco soave era dovuto ad una leggenda secondo la quale lo scricciolo sarebbe stato responsabile del martirio di Santo Stefano: si narrava infatti che per sfuggire ai suoi persecutori Stefano si fosse nascosto dietro un cespuglio, ma uno scricciolo, volando via, aveva svelato la sua presenza permettendone la cattura.
Tuttavia la maggior parte degli animali di Natale vengono amati e coccolati. In Olanda i bambini lasciavano davanti al camino, dentro i loro zoccoli, fieno e carote per il cavallo di Sinter Klaas, e oggi è ormai tradizione anche qui in Italia di preparare qualcosa per rifocillare non solo Babbo Natale, ma anche le sue renne infreddolite. Piuttosto dispendioso poiché, non si sa come, la sottile figura di San Nicola che girava a piedi o al massimo su un asinello, è diventata via via nel tempo un Santa Klaus su cavallo bianco e infine un Babbo Natale obeso con ben otto renne da sfamare.
Infine c’è una meravigliosa leggenda che racconta come il tempo si fermò per un attimo nell’istante in cui nacque Gesù: l’acqua smise di scorrere, gli uccelli rimasero immobili nel cielo e tutti gli altri animali smisero di muoversi. Ma la più amata dai bambini è quella che racconta come ogni notte di Natale gli animali abbiano la possibilità di parlare tra loro in un linguaggio comprensibile agli umani, scambiandosi pareri sui comportamenti dei loro padroni e commentandone le azioni. Chi dovesse avere la fortuna di assistere a questa straordinaria magia avrebbe l’assoluto divieto di rivelare il contenuto delle conversazioni, altrimenti diventerebbe all’istante sordo e cieco. Alcuni dicono che in questa notte speciale gli animali conversino amabilmente tra loro del nostro futuro, di ciò che il nuovo anno ci riserverà, ma per ascoltarli è necessario stendersi di soppiatto sulla paglia che riveste il pavimento della stalla e sperare che qualche seme di felce ci si attacchi per caso agli abiti, perché solo così si potrebbe capire ciò che dicono. Ma anche in questo caso, attenzione a non rivolgere loro la parola: saremmo trasportati nel loro mondo senza poter più tornare umani!
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