Considerato quanti pochi sovrani del passato siano morti per cause naturali, non deve stupire che molti di essi si appassionassero allo studio della medicina e delle piante, con una particolare predilezione per i veleni. Fosse per difesa o fosse per offesa, questo sapere pareva indispensabile per chi volesse mantenersi a lungo su un trono.
Siamo abituati ad associare l’uso dei veleni nelle corti, all’epoca rinascimentale, ma in realtà l’uso di piante e veleni da parte dei regnanti risale a molto tempo prima: la diffusione della medicina ippocratica (V sec. a.C.) trovò moltissimi estimatori in tanti luoghi diversi e, tra questi, i più accaniti ed esperti erano proprio i re che studiavano personalmente le tecniche della medicina e della farmacologia scoperte dal celeberrimo medico greco. Ai tempi la farmacologia era diventata una scienza “di moda” tanto che chiunque si dedicasse a questi studi, faceva di tutto pur di inventarsi qualche nuovo rimedio che gli potesse procurare gloria e fama in campo scientifico: Genzio, re dell’Illiria, preparava antidoti, cercava erbe medicinali e diede il suo nome alla genziana ; Artemisia II, regina di Caria moglie di Mausolo (contemporanea di Aristotele), era famosa per i suoi studi di botanica e per aver scoperto molte proprietà curative dell’Artemisia vulgaris che lei battezzò col proprio nome. Attalo II re di Pergamo coltivava nei suoi giardini molte piante velenose come il giusquiamo, l’aconito, la cicuta, l’elleboro, poi li dosava e mescolava con antidoti e piante curative e le inviava ai propri amici, come un vero farmacista; la stessa Cleopatra, regina d’Egitto, oltre a conoscere molto bene l’uso dei veleni, fu autrice di due trattati scientifici: uno di Cosmetica e uno sui rimedi ginecologici, ma il più celebre sovrano esperto di veleni dell’epoca, fu Mitridate re del Ponto. Appassionato di scienze naturali, aveva una predilezione per la tossicologia tanto che si narra possedesse un vero laboratorio per preparare farmaci e veleni che sperimentava su uomini e animali. Il suo scopo era quello passato alla storia, di rendersi immune al rischio di essere avvelenato assuefacendo il suo fisico alle sostanze tossiche affinché non lo uccidessero, ma queste stesse sostanze rappresentarono l’arma preferita per vendicarsi dei nemici e degli avversari politici (si dice portasse sempre con sé una dose mortale, nell’impugnatura della scimitarra). Diverse sue preparazioni passarono addirittura alla storia e vennero utilizzate per secoli in campo medico, ad esempio un antidoto chiamato Mitridatum composto addirittura da 54 ingredienti, o l’Atanasia considerata l’elisir dell’immortalità.
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