Il 17 marzo 2017 è uscito un articolo di Vittorio Sgarbi sul Magazine Sette del Corriere della Sera il cui titolo, tanto sconvolgente da meritarsi la copertina, era: «Promuovere la cultura in Italia non è più peccato». Elena e io siamo sobbalzate sulla sedia: evviva! Quando Ando aveva iniziato a lavorare per Fototeca in giro per Musei e Biblioteche, a inizio anni Sessanta del secolo scorso, i conservatori erano ancora poco consapevoli del terremoto iconico che si stava preparando e soddisfatto il legittimo diritto di riproduzione, il fotografo (o l’editore a seconda di chi pagava) rimaneva persino proprietario del suo scatto per usi successivi, in totale serenità.
Proseguendo negli anni la sensibilità è cambiata di molto.
Il mondo è stato letteralmente invaso di immagini commerciali e l’idea che l’immagine di un’opera d’arte o ancora peggio di un bene conservato nell’archivio di un qualsiasi Museo/Biblioteca potesse produrre del reddito era vissuto nella maggior parte dei casi come la violazione di una specie di sacralità.
Segue (negli anni ’90) un periodo di confusione e di dibattito sommerso, alla fine dei quali con la legge Ronchey lo Stato lasciava in definitiva la decisione alla coscienza del direttore dell’Ente: museo, biblioteca, raccolta stampe etc.
La maggior parte dei dirigenti hanno deciso che, in difetto di una direttiva precisa, non si sarebbero assunti nessuna responsabilità quindi: – basta permessi di riprodurre – in alternativa lunghe procedure burocratiche da seguire per richiedere il permesso, che di fatto vanificavano la possibilità di utilizzo per fini editoriali o altro.
Conservatrice rivoluzionaria
Tuttavia ogni tanto, nel mondo dei custodi di quella oscura porzione di patrimonio pubblico costituita dagli archivi di immagini, si incontra una conservatrice rivoluzionaria che compie una scelta di apertura.
Al Ministero dei Beni e delle Attività culturali di Bologna la Direttrice de l’Archivio Fotografico Soprintendenza Palazzo Pepoli Campogrande a Bologna, la dottoressa Corinna Giudici, conservatrice dell’archivio fotografico, ritiene che le immagini che responsabilmente custodisce, possano – anzi debbano – vivere una vita produttiva fuori nel mondo e portare alla loro casa, pinacoteca, archivio, biblioteca, qualche soldino (mica tanto perché sono tempi duri).
Proprio così: invece che rimanere semplicemente a oziare a spese del contribuente nelle cassette climatizzate, come pensionati che non abbiano mai lavorato un giorno per guadagnarsi il vitalizio, la dottoressa Giudici ha accolto la nostra richiesta di includere le riproduzioni di tali immagini, nella fattispecie i volti dei protagonisti della collezione de «I reduci dalle Patrie Battaglie» nel nostro archivio on-line, a disposizione di chi frequenta Fototeca Gilardi e disponibili immediatamente per un ipotetico utilizzo commerciale, a fronte del pagamento del legittimo diritto di riproduzione.
Mentre nelle raccolte di immagini di altre città d’Italia, spira il vento del progressismo retrogrado: a Bologna c’è l’avanguardia, Corinna Giudici direttrice di una delle innumerevoli raccolte che compongono il patrimonio pubblico delle province italiane, già qualche anno fa la pensava esattamente come oggi il ministro Dario Franceschini, contrariamente alla maggior parte dei suoi colleghi ha creduto che l’uso commerciale del patrimonio culturale che le era stato affidato, al fine di auto-finanziarsi, non era peccato.
Risoluzione intelligente e coraggiosa. Ecco: una scelta di apertura.
Divulgazione
Le Soprintendenze possiedono un patrimonio fotografico unico, acquisito nel corso di oltre un secolo di attività di tutela del patrimonio storico, artistico, architettonico, e archeologico. La necessità di aprire a pubblica fruizione tali archivi, e dunque di operarne un recupero fisico e conoscitivo, secondo noi passa anche attraverso la loro popolarizzazione.
E la popolarità di una qualsiasi immagine passa necessariamente dalla sua riproduzione – il più possibile – ma questo è argomento evidente e ampiamente consolidato.
Questo Fondo dei Reduci dalle Patrie Battaglie che ci è stato concesso di riprodurre, è composto di poco più di una cinquantina di pezzi, ritratti di altrettanti personaggi, presentati su un passe-partout arricchito da commenti manoscritti, talvolta dallo stesso soggetto ritratto.
Gli originali sono stati sottoposti a un restauro fisico e nella nostra riproduzione, abbiamo anche noi operato una sorta di restauro digitale aggiungendo, in alcuni casi, anche una nota di colore nel rispetto filologico del gusto dell’epoca della ripresa.
Il risultato è una collezione unica, quei ritratti come non sono mai stati visti prima, anche loro portatori di una Patria Battaglia, per la valorizzazione di un patrimonio culturale che non può e non deve rimanere nascosto solamente per la paura irrazionale di essere… visto troppo.