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Una bambinata

Il 24 novembre del 1826 nasce a Firenze Carlo Lorenzini,  divenuto celebre, con lo pseudonimo di Collodi,  autore de “Le avventure di Pinocchio” uno dei libri più venduti nel mondo, tradotto in 260 tra lingue e dialetti, comprese due versioni in latino.

In occasione dei 130 anni della pubblicazione del romanzo, Pinocchio è stato magistralmente riportato sulla scena da un film d’animazione (in uscita a Natale) del regista napoletano Enzo D’Alò, accolto con entusiasmo alla mostra del cinema di Venezia e realizzato con disegni in digitale, tutti creati da artisti italiani.

Collodi non venne mai a conoscenza del successo del suo libro e non immaginava che, proprio grazie a Pinocchio, avrebbe raggiunto la fama mondiale.
Prima di dedicarsi ai racconti per l’infanzia, aveva svolto per anni la professione di giornalista descrivendo la realtà toscana con piglio vivace e sarcastico. Collaborò a diverse testate in tutta Italia; ne fondò e diresse lui stesso alcune, come “Il Lampione”, chiuso dalla censura nel 1848 e riaperto 11 anni dopo, in occasione del plebiscito sull’annessione al Piemonte.

Volontario nelle Guerre d’Indipendenza del ’48 e del ’60, dagli anni ’50 si impegna anche come scrittore e commediografo. Nel 1856 pubblica “Un romanzo in vapore, Da Firenze a Livorno” in cui racconta dell’ultima novità tecnologica dell’epoca: l’arrivo della ferrovia in un’Italia rurale.
Da quel momento firmerà ogni opera con lo pseudonimo “Collodi”, dal nome del paese materno.

Il suo primo libro per bambini, del 1876, è “I racconti delle fate” una splendida traduzione delle fiabe di Perrault. È solo nel 1881, sul numero iniziale del “Giornale per i bambini” che esce la prima puntata del suo romanzo più famoso: “Le avventure di Pinocchio”, con il titolo “Storia di un burattino”.
La morte, sopraggiunta all’improvviso pochi anni dopo l’uscita in volume de “Le avventure di Pinocchio”, gli impedì di assistere al crescente successo del libro. In una lettera a Guido Biagi, animatore e redattore del Giornale per bambini, che accompagnava le prime cartelle della “Storia di un burattino” Collodi definisce il suo lavoro “una bambinata” e dice: “Fanne quello che ti pare; ma, se la stampi, pagamela bene, per farmi venire voglia di seguitarla”.

È curioso anche notare come Collodi chiami “burattino” Pinocchio, che in realtà è una marionetta, solitamente munita di fili.  I burattini, infatti, non hanno gambe: sono mossi dalla mano del burattinaio che entra in un “buratto” di stoffa sotto il vestito e con le dita ne dirige i movimenti. In Toscana, però, ai tempi erano diffusi i burattini ventrali, mossi cioè infilando la mano dietro la schiena del pupazzo e muniti di gambe. Forse è per questo che Collodi definisce Pinocchio un burattino, o forse il nome si rifà allo Zanni, uno dei più antichi personaggi della Commedia dell’Arte, chiamato anche Burattino: un servo che aveva il compito di “abburattare” (setacciare) la farina, caratterizzato da movimenti scomposti e spezzati.

Insomma burattino o marionetta, Pinocchio rimane uno dei personaggi più raccontati e rappresentati nella storia della letteratura infantile, e più visti al cinema e a teatro. Innumerevoli sono le edizioni del romanzo di Collodi in cui le illustrazioni giocano un ruolo chiave. E moltissimi sono gli artisti che si sono cimentati con le tavole di Pinocchio, da Mazzanti a Mussino, senza dimenticare le bellissime tavole di Libico Maraja.

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1 commento su “Una bambinata”

  1. La parola burattino, deriva dal buratto, una stoffa grezza utilizzata per abburattare, cioè per dividere la crusca dal grano, serve quindi a dividere il bene dal male, e Pinocchio infatti impara nelle sue avventure proprio a distinguere fra il bene e il male.

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