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Un gerundivo a merenda

Fotografia di Ando Gilardi #andogilardi

Il latino ci ha lasciato in eredità tanti termini interessanti, ma anche una forma verbale particolare che in italiano usiamo in modo totalmente inconsapevole: il gerundivo. Cosa ha di particolare? Il gerundivo è un aggettivo verbale che

noi ormai consideriamo un vero e proprio sostantivo e che porta con sé l’idea di “dovere” o necessità. Prendiamo ad esempio il verbo amare: il suo gerundivo, al femminile è “amanda” che significa “da amare, che deve essere amata” e nella nostra lingua si è trasformata in un nome proprio. La frase latina più celebre, contenente un gerundivo è la famosa “Carthago delenda est.” (Cartagine dev’essere distrutta) che concludeva tutti i discorsi in Senato di Catone il Censore, preoccupato per l’immensa potenza dell’eterno nemico di Roma.
Ma la nostra lingua è costellata di gerundivi di cui abbiamo dimenticato l’origine: legenda, ad esempio, (dal verbo latino légere) sono “le cose da leggere”, quelle indispensabili per capire un grafico o una cartina; educanda, fa pensare ad una fanciulla timida e pia ma, in origine, era solo una bambina ancora “da educare”, così come la propaganda allude alle “cose che si devono diffondere, propagare” e il matematico dividendo è il termine “che deve essere diviso”; anche agenda, che spesso usiamo, è il gerundivo del verbo àgere, (agire, fare) e indica “le cose che dobbiamo fare” e che ci appuntiamo nel libricino che da esse ha preso il nome.
Meno professionali, ma ugualmente indispensabili sono le mutande, altro gerundivo che spiega una necessità particolare, cioè quella di cambiare con regolarità la biancheria intima, di “mutarla”, poiché mutande significa appunto: “che devono essere cambiate”. Ma la più simpatica è la merenda. La merenda non è una pausa, non è uno spuntino, non è uno sfizio: la merenda è un premio. Deriva dal verbo latino mérere, cioè meritare: non è un pasto canonico, ma una piccola golosità destinata solo a chi ha fatto un buon lavoro o si è dedicato con impegno allo studio, infatti è “quella cosa che deve essere meritata”.

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