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Trumpopulismo

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Gli americani hanno votato il loro nuovo presidente. Mentre scrivo Donald Trump è stato proclamato 45° presidente degli Stati Uniti battendo Hillary Clinton. Smentendo tutti i pronostici (come spesso accade ultimamente) l’imprenditore sessista e razzista è balzato in testa, mentre l’ex vice-presidente e moglie di ex-presidente è rimasta al palo. Prevedibile? Diciamo che per noi italiani è una storia già vista, qui politicamente si fa scuola al mondo, da sempre: qui sono nati i primi comuni medievali, qui le signorie rinascimentali, qui siamo stati mestamente spartiti un pezzo qui e uno là fra i nostri “vicini” europei, qui è nato il Fascismo, qui per primo è diventato Presidente del Consiglio un imprenditore delle comunicazioni che parlava alla “pancia della gente”. Su noi italiani il populismo ha sempre avuto una certa presa e possiamo capire la fascinazione che Trump ha esercitato sugli USA. Siamo quelli di “Franza o Spagna, purché se magna”, quelli disillusi e opportunisti. Si fa un gran parlare di questo “populismo”, ma forse capire il fenomeno può aiutare a immaginare meglio quale nervo scoperto dei cittadini viene sollecitato quando essi scelgono il “capo” che meno ci si aspetterebbe.
Il populismo non è un orientamento recente, ma un vero e proprio movimento politico-culturale che nasce in Russia, tra la fine dell’Ottocento e primi del Novecento, che aspirava a una sorta di socialismo rurale, in opposizione al burocratismo zarista e all’industrialismo occidentale. Si trattava di un movimento che contemporaneamente intercettava l’ostilità verso i detentori del potere e la paura verso le nuove istanze della storia. Gli studiosi di scienza della politica l’hanno definito come una ideologia secondo la quale al “popolo” (concepito come virtuoso e omogeneo) si contrappongono delle “élite” e una serie di nemici che attentano ai diritti, i valori, i beni, l’identità e la possibilità di esprimersi del “popolo sovrano“. Forse la prima possibilità di esercitare una politica populista in realtà l’avrebbe avuta Luigi XVI in Francia, durante la Rivoluzione francese, ma come si sa, non riuscì a intercettare il vento nuovo che soffiava nel mondo e perse la testa.
Dopo un breve rodaggio furono i dittatori a capire l’antifona del populismo e cavalcarlo: Napoleone prima, alcuni sovrani ottocenteschi poi, alcuni anche con buone intenzioni, poi Mussolini, Hitler, Franco, Peròn e così via, con gradi diversi di violenza e di corruzione, con sorrisi e blandizie, con maggiore o minore ricorso alla paura atavica dell’invasione da parte degli stranieri. Niente di nuovo. Trump sembra aver scioccato i media, sembra aver scioccato la politica mondiale, ma la storia parla chiaro: sembra che da parecchio tempo il popolo e “il re” vogliano allearsi contro l’aristocrazia. C’è solo da augurarsi che “il re” non sia un aristocratico travestito da sovrano del popolo.
Finora lo è stato. Sempre.

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