Un triangolo di colore rosso era il contrassegno che utilizzavano i nazisti per distinguere tra i prigionieri dei lager, i “politici”; in rari casi al centro del triangolo campeggiava una “P”. A differenza della stella gialla che gli ebrei dovevano portare per legge dovunque, il triangolo era obbligatorio solo nei campi ed esisteva in diversi colori per distinguere i diversi tipi di internati . Triangolo rosso oggi è la testata della rivista della Associazione Nazionale Ex Deportati politici nei campi nazisti (ANED) associazione ufficializzata dal presidente della Repubblica italiana con decreto del 5 novembre 1968. Ne sono membri i prigionieri politici sopravvissuti ai campi di concentramento e sterminio nazisti e i familiari di quelli che non sono sopravvissuti. Presidenza e segreteria sono a Milano.
È poco noto ma anche Ando Gilardi fu a suo tempo un Triangolo rosso: per poco tempo – per fortuna – e troppo presto perché fosse consapevole (come chiunque altro fu catturato in quel periodo) degli agghiaccianti propositi e progetti nazisti di “soluzioni finali”. Forse proprio per non aver capito fino in fondo il pericolo che correva, con incoscienza e disinvoltura riuscì a tornare presto e a farsi ancora un bel po’ di Resistenza. Del periodo di prigionia non ha mai scritto nulla direttamente; quasi casualmente ne ha raccontato qualche dettaglio a voce, sempre parlando d’altro. Tornato indietro “ancora vivo” in tutti i sensi da Mauthausen, dopo la fine della Resistenza e lungo tutta la sua vita si sentì fortemente attratto dall’indagare su quanto era successo in Europa in quegli anni e a diffonderne la consapevolezza, ma soprattutto a portare avanti una ricerca per soddisfare la propria. Dava l’impressione di avere il rimpianto di aver vissuto/sfiorato un luogo, una situazione estrema senza averne avuto la percezione; molto probabilmente se avesse capito la situazione al momento, avrebbe preso una decisione diversa e magari avrebbe fatto la sua Resistenza in un luogo diverso. Ma ripeto: una nostra impressione.
Dalla redazione di Triangolo Rosso ci ha contattato Franco Malaguti, venerabile grafico e designer editoriale con il quale Ando ha lavorato per molti anni, e ci ha chiesto se il Nostro ci avesse mai parlato di quei fatti lontani. Malaguti sa che negli ultimi trent’anni siamo state molto vicine ad Ando così, alla nostra risposta vagamente affermativa, ha ribattuto se volevamo mettere in ordine quanto ci aveva raccontato, per pubblicare un articolo sulla loro rivista. Noi abbiamo accettato.
Repubblica italiana con decreto del 5 novembre 1968. Ne sono membri i prigionieri politici sopravvissuti ai campi di concentramento e sterminio nazisti e i familiari di quelli che non
sono sopravvissuti. Presidenza e segreteria sono a Milano.
È poco noto ma anche Ando Gilardi fu a suo tempo un Triangolo rosso, per poco tempo – per fortuna – e troppo presto perché fossero note a chi veniva catturato, certe
agghiaccianti verità e progetti di “soluzioni finali”. Forse proprio per non aver capito fino in fondo il pericolo che correva, riuscì a tornare quasi subito e a farsi ancora un bel po’ di
Resistenza. Della prigionia non ne ha mai scritto direttamente solamente a voce, quasi casualmente ne ha raccontato qualche dettaglio, parlando d’altro. Tornato indietro “ancora
vivo” in tutti i sensi da Mauthausen, alla fine della Resistenza e lungo tutta la sua vita si sentì attratto dall’indagare su quanto era successo in Europa e a diffonderne la
consapevolezza, una ricerca anche per se stesso.
A Triangolo Rosso, ci hanno chiesto di mettere in ordine quanto lui ci aveva raccontato e noi abbiamo accettato pensando che sia anche un nostro dovere farlo, prima di perdere la
memoria.