(una foto al giorno leva l’ignoranza di torno) a cura di Lost Dream Editions
Quella che segue è una “didascalia irriverente” tratta da un saggio dedicato a Ando Gilardi ( Nello Rossi, Il bosco incantato. Appunti per una morflogia della pornofiaba, Lost Dreams Editions 2008 ), scaricabile gratuitamente dal sito www.lostdreamseditions.it
In classe non lo dicevo. Mi fermavo a un piccolo pianeta che ruota attorno a una stella di media grandezza, all’estremità di un braccio di una galassia fra le tante dell’universo. Mi sembrava che l’effetto di “spiazzamento” fosse già abbastanza ragguardevole: altro che venire a sapere com’è che si viene al mondo, con tutte le “porcherie” sessuali connesse. E poi era una pallida e azzardata ipotesi. Ma la teoria del big bang non mi è mai piaciuta (c’è anche un’estetica delle teorie scientifiche, uno scienziato ha parlato di «eleganza»), perché troppo somigliante ai fantasiosi miti cosmogonici che hanno “spiegato” la nascita di questo mondo, troppo simile a un atto “creativo”. Mi ha sempre affascinato, invece, l’ipotesi di Giordano Bruno, che prevedeva un «infinito universo», una prospettiva troppo nuova e troppo lungimirante, che sfilava da sotto il culo le poltrone di prima fila ai suoi terrorizzati carnefici. Mentre chiudevo queste note iconografiche, la lettura, sull’ “Almanacco di scienze” di “MicroMega” ( n. 3, 2008, pag. 27 sgg. ) dell’intervento di Steven Weinberg al convegno tenutosi, nel novembre 2006, a La Jolla, in California, sul tema dei rapporti tra religione e fede, mi ha fatto sapere che la scienza ha iniziato a prendere in consederazione l’ipotesi che è costata la vita al grande pensatore nolano: «In questo quadro, il nostro big bang, questo enorme firmamento di galassie in espansione in tutte le direzioni, sarebbe soltanto un episodio in un multiverso molto più vasto, nel quale dei big bang, o forse dovrei dire dei “bang” non così “big” stanno scoppiettando continuamente».
Con la progressiva affermazione di queste forme di pensiero diventa sempre meno indispensabile un concetto di cui prima era difficile fare a meno.
«Sire, non ho bisogno di quell’ipotesi » è stata la risposta del marchese di Laplace a Napoleone che, dopo avere sentito il funzionamento del sistema solare secondo le leggi di Newton, gli aveva chiesto quale fosse, in quella teoria, il posto di Dio.
Nell’immagine:
Frontespizio della prima edizione di De l’infinito universo et mondi ( Venezia 1584 ) di Giordano Bruno.
( da Ludovico Geymonat e altri, Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. II, Garzanti 1970 )