L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro … e così gli italiani.
Sì, anche gli italiani “sono fondati” sul lavoro. Non tutti. Molti.
Certo abbiamo fama di essere un popolo storicamente pigro e fatalista, i dati statistici ci posizionano ai primi posti in Europa per tasso di disoccupazione, ed è ormai impresa eroica svolgere una professione autonoma, ma consoliamoci: il lavoro noi ce l’abbiamo letteralmente “nel sangue”.
Lo dicono i nostri cognomi.
Esclusi quelli che originano da una caratteristica fisica (es. Piccini), da un patronimico (es. Gilardi, cioè figlio di Gilardo o Gerardo), e dalla provenienza geografica della famiglia (es. Toscani), la maggior parte dei cognomi italiani allude ai mestieri esercitati da un nostro avo.
Quelli che conosciamo e usiamo oggi sono relativamente recenti: nati in epoca medievale iniziano ad essere annotati nei registri parrocchiali solo dopo le prescrizioni del concilio di Trento (1564).
Se il vostro cognome allude ad un mestiere, non è sempre facile individuare quale sia.
Sui più semplici, come quello del celebre pittore Andrea Del Sarto, o dello storico Giorgio Vasari non c’è da scervellarsi, ma già se pensiamo al Ghirlandaio la faccenda diventa più oscura. Il famoso artista deve il suo cognome all’abilità del padre orafo che “inventò certe ghirlande d’argento da portare in capo le fanciulle”.
Se Cesare Beccaria deve il suo cognome ad un antenato beccàro, cioè macellaio, non abbiamo dubbi sul mestiere del progenitore di Vittorio Alfieri.
Così abbiamo dei ben identificabili Fabbri, Ferrari e Battiferri, dei chiarissimi Fornari, Fornaciari e Fornero, Pani e Farina, dei palesi Barbieri, Muratori, Pescatore, Marinetti, Pascoli, dei quasi banali Soldati, Capitani, Notaro, Tessitore, Astrologo, Vaccari, Medici e Speziale, ma quando ci imbattiamo in un Mangano, non capiamo subito di trovarci di fronte al discendente di un esperto di tessitura, il mangano era infatti uno strumento per rifilare le stoffe.
La diffusione di cognomi quali Cardinale, Abate, Episcopo, Del Frate, Clerici lungi dall’imbarazzarci, chiariscono che in Italia le cariche religiose costituivano una professione e per molto tempo non impedirono di avere una discendenza.
Complessa è invece l’individuazione di mestieri legati a cognomi come Callegari/Calligaris, che si riferisce all’attività di calzolaio poiché deriva dal latino caliga, il sandalo dei soldati romani, già all’origine del soprannome dell’imperatore Caligola; altro cognome di non immediata comprensione è Magnani, che allude al lavoro dello stagnino ambulante (chiamato magnano in alcune zone del Nord).
Tra gli artigiani del legno possiamo trovare un semplice e immediato Segantini o un Bottai, come un più criptico Marangoni (dal nome veneto del carpentiere); abbiamo gli Spada, gli Spadari e gli Spataro, gli Orefice, gli Argento e gli Argentero tra gli artigiani del metallo; i Sella, Sellai tra i lavoratori del cuoio; i Cordero, i Funari, i Calefato tra i fabbricanti di corde, ma anche gli Acciai che non sono i lavoratori dell’acciaio, ma i venditori di accia cioè della matassa di canapa, lino o cotone.
Con gli Scognamiglio (pulitori di miglio) passiamo in ambito contadino, incontrando Manenti che, come Mezzadri , indica chi permane su un terreno per lavorarlo, oppure Villani, Bergamini (gli allevatori di bovini), i Biolcati (bifolchi, dal latino bubulcus, da cui deriva anche biolca), Casari (produttori di formaggio), Cottafavi (raccoglitori di fave).
I cognomi derivanti da cariche militari o civili sono infiniti: Consoli, Almirante (da ammiraglio), Cancellieri, Giudici, Confalonieri, Baglio e Baglioni (da balio, l’amministratore pubblico), Arciere, Podestà, ma anche Baroni, Marchesi, Conti, Visconti e Vassalli che , detto tra noi, solo marginalmente sarebbero da considerare professioni, visto il minimo carico di lavoro che gravava sulle loro spalle e che, in una Repubblica fondata sul lavoro, diciamolo … dovrebbero valutare una sostanziale modifica al cognome.
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