‘Ragazza vende su internet la sua verginità‘.
La notizia, rimbalzata per qualche giorno sui media, sembra uno ius primae noctis al contrario in cui, per “arrivare primo” non occorre essere un violento vassallo, ma basta sborsare fior di quattrini alla fanciulla che si auto-candida in un’asta pubblica.
La presunta purezza messa in vendita, verrà anche certificata attraverso visite ginecologiche e controlli medici.
Uno ius primae noctis molto comodo e meno cruento per tutti, senz’altro, ma è divertente il fatto che la ragazza (che si è venduta al miglior offerente senza sentirsi una prostituta perché “per una volta sola, non lo si diventa” – sic! -) provenga da un paese, il Brasile, in cui ogni anno si esegue un numero impressionante d’interventi di ricostruzione dell’imene.
D’altronde sembra che la verginità femminile sia un articolo che non conosce crisi, tutelato da sempre attraverso i rigidi dettami di tutte le principali religioni, cristiana, buddista, ebraica, islamica e confuciana.
Ma ciò che stupisce davvero è che nel DNA del maturo giapponese che si è aggiudicato il “privilegio”, agiscano ancora le primitive pulsioni di controllo della paternità che, secondo i sessuologi, sarebbero i veri, istintivi motivi che stanno all’origine di questa immarcescibile passione per la verginità.
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