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Scosse etnee (… e scosse etniche)

La banchina di Messina devastata dal terremoto, 1908 elaborazione ©Fototeca Gilardi

La terra siciliana trema.
Il punto del Mediterraneo in cui la faglia eurasiatica e quella africana si incontrano scivolando l’una verso l’altra, ha ricominciato a mostrare segni inequivocabili di risveglio; qui, dove l’Etna da 600.000 anni mostra la potenza racchiusa sotto la crosta terrestre, la porta che gli antichi identificavano con l’entrata del mondo infero, si sta riaprendo. Se volessimo leggere la realtà attraverso i simboli sarebbe davvero curioso notare come alla chiusura degli europei verso ciò che avviene nel Mediterraneo sia corrisposta un’apertura della ferita che da sempre vede tra i due continenti un legame indissolubile che si snoda lungo i secoli .
Nel corso della storia Africa ed Europa si sono incontrate e scontrate migliaia di volte. Unite dai commerci già 800 anni prima di Cristo, separate da guerre, teatro di reciproche invasioni con l’impero romano e quello cartaginese a fronteggiarsi, e poi con i saraceni che tante tracce hanno lasciato nella lingua, nell’arte e nella scienza europea, non possiamo pensarle come continenti davvero separati, almeno per quel che riguarda i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. E il “cuore” di questo continuo scambio non sempre pacifico, non sempre vantaggioso per gli uni e per gli altri, ma con periodi di fiorente arricchimento reciproco è stato, e rimane tutt’ora, proprio la Sicilia.
La sicula Trinacria, così chiamata per i suoi tre promontori che le donano una forma inconfondibile, è stata terra fenicia, poi greca, cartaginese, romana, vandala, ostrogota, bizantina, islamica, normanna, sveva, angioina, aragonese, spagnola … è stata tutto. E il grande gigante Etna ha osservato, taciuto, sbuffato e spesso è esploso in devastanti eruzioni  combinandosi con terremoti che hanno raso al suolo intere città. Le prime eruzioni storicamente documentate (ne parla Tucidide) sarebbero avvenute nel 737 a.C. e tra il 477 e 427 a.C. mentre uno dei primi e più terrificanti terremoti è documentato dallo storico romano Ammiano Marcellino nel luglio del 365 d.C.: in quell’occasione Creta, la Sicilia orientale e i paesi della costa mediterranea dell’Africa subirono danni incalcolabili e un maremoto devastò Alessandria d’Egitto, le coste ioniche di Sicilia e Calabria, la Grecia e la Palestina.
Preceduto e seguito da due importanti eruzioni dell’Etna (una nel 1899 e una nel 1910) tra i più recenti e rovinosi terremoti in terra siciliana va ricordato quello che il 28 dicembre 1908 distrusse Messina e Reggio Calabria, annunciato da un lungo sciame sismico e aggravato da un terribile maremoto.
Il 15 gennaio 1968 altro storico sisma sconvolse le province di Agrigento, Palermo e Trapani: il terremoto del Belice, anch’esso preceduto e seguito da due importanti eruzioni, quella del 1967 e quella del 1971 che distrusse funivia e osservatorio vulcanologico.
Considerando quanto sia poi lungo e difficile riparare i danni e ricostruire città distrutte in questo paese allo sfascio che è l’Italia, tutti ci auguriamo che si possa almeno correre ai ripari per tempo: l’Etna non dorme, le zolle di Africa ed Europa pare si vogliano fondere e non ci possiamo fare molto.
Gli antichi miti raccontano Etna come una divinità femminile figlia di Urano e Gea, chiamata ad arbitrare i conflitti tra Efesto (dio-fabbro, divinità delle fucine e del fuoco che abitava nel sottosuolo siciliano) e Demetra (dea delle bionde messi di cui l’isola era coperta). Etna come arbitro di conflitti apparentemente insanabili. Conflitti tra tecnici e agricoltori, tra energia maschile e femminile, tra ingegno e fertilità.
Conflitti tra il dio aureo, che costruisce macchinari e robot e la dea che piange e si dispera per la scomparsa dell’amata figlia. Sarà anche solo mitologia, saranno solo simboli, ma a volte ci parlano anche troppo chiaramente.

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