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Schiavi del gilet

moda maschile del 1900, elaborazione ©Fototeca Gilardi

Sotto la giacca fa l’uomo elegante, indossato sulla camicia evoca i cowboys, sulla pelle nuda invece rivela le sue umilissime origini. Il gilet infatti è un capo d’abbigliamento che ha una storia curiosa. Nasce in Turchia con il nome yelek , parola che indicava una giubba di panno con maniche larghe e fino al gomito, usata dagli schiavi delle galere. Non è un caso che nelle “Mille e una notte” il genio, schiavo della lampada, venga spesso raffigurato con ampi calzoni “alla turca” e un semplice gilet ricamato. Con il tempo, in ambito orientale, si trasformò in un capo decorato, senza maniche e senza collo, indossato sia dagli uomini che dalle donne. Passando probabilmente dalla Grecia e dalla Dalmazia il termine e la moda si diffusero già nel 1400 sulla costa adriatica. Un paio di secoli più tardi vediamo comparire un “ciuleccu” in Sicilia (presumibilmente arrivato dal nord Africa), che si diffonde contemporaneamente sulla costa tirrenica, dove indica la giacca.
Il nostro attuale “gilet” nasce dal passaggio linguistico in Francia, anche se qualcuno fa derivare l’origine di questo capo e del relativo nome, da Gilles (Egidio), il nome del pagliaccio francese il quale indossava solitamente una veste senza maniche.
Imprescindibile componente dell’abito maschile, tra ‘800 e ‘900 il gilet è attraversato dalla catenella dell’orologio da taschino, segno di modernità, eleganza e distinzione. Nei costumi tradizionali invece, sostituisce spesso la giacca spiccando, pieno di colore e ricami, sopra ampie camicie e appare in forma di corsetto esterno negli abiti femminili.
Negli anni Settanta del Novecento conquista hippie (che lo portano sulla pelle nuda) e impiegati (che si strizzano in orrendi gilet di maglia a motivi geometrici) per poi scomparire lentamente dalla moda comune e tornare nell’alveo degli abiti eleganti maschili.

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