La pianta del rosmarino, nota soprattutto come erba aromatica utilizzata in cucina, porta già nel nome le sue radici mediterranee, l’etimologia deriva infatti dal latino rus maris (rugiada di mare) o rosa maris (rosa di mare).
E proprio dal mare, racconta una leggenda, il rosmarino sorge avviluppato al corpo nascente della dea Afrodite. Con le radici affondate tra le rocce costiere, il profumato cespuglio costellato di fiorellini blu protende le braccia verso il sole, il suo mitologico amante Apollo. Ed è Ovidio che, nelle Metamorfosi, rivela come la splendida pianta del rosmarino, bruciata dai Romani sulle tombe dei defunti come incenso, altro non fosse che Leucotoe la bellissima figlia del re di Persia, seppellita viva dal padre per essersi lasciata sedurre da Apollo. Il dio disperato per non riuscire a liberare l’amata da morte certa, irradiando i suoi dorati raggi la trasformò nell’odoroso rosmarino.
L’uso di questa pianta aromatica in ambito greco, romano, ma anche nell’antico Egitto, era legata al culto dei morti e in particolare simboleggiava l’immortalità dell’anima, tanto che rigogliose piante di rosmarino ornavano le tombe romane e rametti profumati venivano bruciati durante vari riti religiosi, in particolare in primavera durante le feste per la fondazione di Roma, per purificare le greggi, i boschi e le fonti.
Forse per il suo profumo persistente o forse per una diretta osservazione dei suoi effetti, in ambito greco al rosmarino era attribuito il potere di fissare i ricordi e di stimolare la memoria (proprietà recentemente confermata da studi scientifici), tanto che veniva usato a tale scopo dagli studenti. Grazie al suo legame col ricordo divenne anche simbolo di fedeltà fra innamorati sia per i Greci che per i Romani, tanto da comparire fino a tempi recenti nei bouquet delle spose.
In epoca medievale lo vediamo incluso fra le piante da coltivare obbligatoriamente in orti e giardini, in base al “Capitulare” di Carlo Magno (812). Come da antica tradizione latina la terra dove era piantato il rosmarino veniva considerata sacra e le sue note proprietà medicamentose lo vedevano come ingrediente di diversi preparati erboristici. Tra i rimedi popolari più conosciuti c’era l’infuso di sommità fiorite, che si riteneva capace di riportare alla mente avvenimenti remoti, mentre il suo profumo pungente si credeva potesse scacciare la malinconia e, ponendo un ramoscello sotto il cuscino, si poteva star certi di allontanare gli incubi in favore di piacevoli sogni.
Anche Tommaso Moro amava questo arbusto che aveva deciso di far correre lungo il muro del giardino non soltanto perché piaceva molto alle api, ma “perché è l’erba sacra al ricordo e quindi all’amicizia”.
L’umile e forte rosmarino compare anche nei racconti popolari cristiani in cui vediamo il grosso arbusto profumato occultare dalla vista dei soldati la Madonna e Gesù Bambino in fuga verso l’Egitto. Il mantello blu della Vergine, steso sul rosmarino, tramutò allora per sempre il colore dei suoi fiori che da bianchi che erano, divennero blu intenso.
Stimolanti, energizzanti, utili in caso di bassa pressione, due o tre gocce di olio essenziale di rosmarino alleviano la cefalea e aiutano l’apprendimento.
Forse pochi sanno che proprio il rosmarino, mescolato con lavanda e maggiorana, fu il primo ingrediente di un profumo a base alcolica, la famosa “Acqua della Regina di Ungheria” oggetto anch’essa di leggenda. Si racconta che questa miracolosa ricetta guarì da gotta e reumatismi l’ultra settantenne regina Elisabetta di Ungheria e la rese così giovanile e fresca da far innamorare di sé il re di Polonia tanto che finì per sposarla.
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