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Riletture

(Cartoline a Ponzone) a cura di Lost Dream Editions

Con un post pubblicato il 22 maggio 2011, Ando Gilardi ci ha fatto sapere che Karl Marx così scriveva a Engels in una lettera del 27 febbraio 1861: «La sera per passare il tempo stavo leggendo “Le guerre civili Romane” di Appiano, nel suo originale testo greco. Un libro di gran valore. ( … ) Spartaco emerge come uno ( … ) dei migliori protagonisti dell’intera storia antica. Un grande generale (a differenza di Garibaldi), un carattere nobile, un genuino rappresentante dell’antico proletariato». Ricorreva in quell’anno il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e il vecchio iconologo, approfittando delle enormi possibilità offerte da internet a chi possiede gli indispensabili strumenti per sfruttarle, cercava letture meno agiografiche degli avvenimenti che avevano permesso ai Savoia di ingrandire il proprio regno. Il contributo dato da Giuseppe Garibaldi al processo di ingrandimento è stato enorme, come l’ambiguità della sua immagine politica. Perché, sebbene “venerata” su veri e propri “altarini”, e non sto scherzando, l’immagine del condottiero che si nutriva di caffè zucchero e tabacco è densa di ombre, almeno quanto i quattro volumi delle sue memorie sono pieni di imbarazzanti lacune mnestiche. Per dire solo di una, ma imperdonabile, quando Garibaldi, traversato lo stretto di Messina, punterà, incontrando scarsa resistenza, su Napoli, lascerà Nino Bixio a reprimere le rivolte contadine nella Sicilia nordorientale: della feroce repressione ordinata dal cleptomane ( quando era invitato nelle case nobiliari, pare che mettessero al sicuro l’argenteria ) che disprezzava profondamente i meridionali non c’è traccia nei ricordi del nizzardo. Un’altra vergogna, di cui sono però maggiormente responsabili i Savoia, e che ha lasciato scarse tracce nei libri di storia, è il trattamento riservato ai militari borbonici che non avevano tradito la parola data a chi li stipendiava ( la leva obbligatoria, da tre a otto anni, non esisteva nel Regno delle Due Sicilie ): non è chiaro se furono condannati a morire di malnutrizione e di freddo nella vecchia fortezza di Fenestrelle trasformata in carcere. Alessandro Barbero sostiene la tesi che alcuni siano passati nell’esercito sabaudo e altri siano tornati nel Sud per appoggiare il sovrano spodestato ( http://www.vicini.to.it/vicini/2013/02/alessandro-barbero-storie-dalla-storia/ ). Una scritta superstite su un muro ricorda però vergognosamente un’altra che sarà posta all’ingresso di un Lager in Polonia: «Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce». Di questa storia “altra”, di cui restano scarsi documenti scritti, non abbiamo testimonianze ottiche: queste vergogne risorgimentali non sono documentate da alcuna immagine totalmente automatica, come da nessuna immagine manuale, numerosissime queste ultime, come è noto, nei tanti musei dedicati al Risorgimento. Le fotografie cominceranno a documentare la prima guerra civile dell’ampliato regno dei Savoia, quella che sarà definita da pennivendoli sporcaccioni come la guerra al “brigantaggio”: e guerra in effetti fu, perché per reprimere la rivolta sociale nel Meridione fu necessario impiegare l’esercito. Durante la guerra di indipendenza del 1859, quattro anni dopo che Roger Fenton aveva fatto finta di documentare la guerra in Crimea, «i comandi piemontese e francese» – ricorda Giulio Bollati nel suo saggio Note su fotografia e storia, in AA.VV., Storia d’Italia, Annali 2, L’immagine fotografica. 1845 – 1945, Einaudi 1979, pp. 26 – 27 – «emanano ordini severi per impedire “la profanazione del campo militare da parte dei ladri, spogliatori di cadaveri e fotografi”. Con un accostamento insultante ha inizio la censura fotografica, primo contributo ufficiale italiano alla storia della nuova arte» ( le parole fra virgolette sono una citazione di Bollati da Wladimiro Settimelli, Storia avventurosa della fotografia, Roma 1976, p. 126 ). Riguardo alle immagini realizzate da Roger Fenton, Bollati osserva: «Manipolare l’opinione mediante uno strumento come la fotografia, che il senso comune considera la garanzia stessa dell’obiettività: ecco un’idea ingegnosa e ricca di futuro». Ma l’avarizia nel mostrare immagini automatiche di soldati morti si trasforma, è sempre Bollati a scrivere, in «un’improvvisa prodigalità fotografica durante la repressione del brigantaggio»: i cadaveri, quando sono quelli degli altri, del nemico, dei “cattivi”, acquistano diritto alla visibilità. Ma i contadini ribelli della Sicilia nordorientale, che avevano purtroppo frainteso il messaggio “libertario” di Garibaldi, non hanno avuto nemmeno quel “diritto”.

Nell’immagine: La fortezza di Fenestrelle ( Torino ). ( da www.kataweb.it ). Nata come baluardo difensivo sulla frontiera francese, poi trasformata in carcere, è oggi utilizzata per eventi culturali.

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