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Ri-conoscere Michelangelo

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Non dimenticherò mai  i “tormentoni” didattici che il nostro impagabile guru Ando Gilardi ci somministrava in ogni occasione, come antidoto contro l’incoscienza visiva, la stupidità fotografica, l’alienazione iconica… etc. etc. Uno di questi era – riassumendo all’estremo –  che l’Arte nasce sempre dall’Arte. Sosteneva che qualsiasi espressione artistica in ambito visuale, nasce sempre da un’altra opera dalla quale trae sostanza, l’esperienza a volte è più evidente e a volte meno, ma sempre presente e necessaria. Può essere consapevole o inconsapevole, certe forme, proporzioni colori, giacciono nella nostra memoria ed emergono poi in ciò che creiamo anche a nostra insaputa. È comunque un metodo di lavoro: guardare,  copiare, elaborare, metabolizzare. La nostra cultura visiva. Ecco perché quando ho trovato nei miei “alert” la notizia di questa mostra mi sono detta: «assolutamente da non perdere!» vi giro un estratto dal comunicato:

«In occasione delle celebrazioni per i quattrocentocinquanta anni dalla morte di Michelangelo Buonarroti- coordinate dall’Accademia delle Arti del Disegno-  la Galleria dell’Accademia di Firenze, in collaborazione con la Fratelli Alinari I.D.E.A. S.p.A., presenta un’esposizione che affronta il complesso tema del rinnovato interesse e dell’ammirazione per l’artista dall’Ottocento alla contemporaneità, attraverso l’opera di scultori, pittori e fotografi che hanno guardato alla figura del Buonarroti e alle sue opere come riferimento iconografico per le loro realizzazioni.
“E come si potrebbe non ‘ri-conoscere’ Michelangelo alla Galleria dell’Accademia in occasione di questa importantissima ricorrenza? Lo facciamo gettando sul suo mito imperituro uno sguardo particolarmente rivolto alla contemporaneità, nell’alveo di un filone espositivo coltivato da sempre nel ‘luogo del David’ ” (Angelo Tartuferi).
Partendo dalla produzione fotografica realizzata da alcuni tra i più noti ateliers e professionisti del XIX e del XX secolo, si è cercato di evidenziare il ruolo determinante che la fotografia ha svolto nel consolidare la fortuna critica e  iconografica di Michelangelo e, attraverso di essa, la celebrazione del suo mito. Una lettura trasversale, in chiave storico-fotografica, che mette al centro il ruolo svolto dalla fotografia, fin dalle sue origini, nel celebrare uno dei massimi artisti del Rinascimento italiano, e nell’eleggere un ristretto pantheon di immagini di sue sculture a monumenti della memoria collettiva.

Il percorso espositivo prende avvio dalle rappresentazioni in chiave storicistica della fisionomia e della personalità di Michelangelo, con opere di Eugène Delacroix e Auguste Rodin, e di altri autori che hanno operato con il nuovo medium fotografico alle origini, tra i primi Eugène Piot, Édouard-Denis Baldus, gli Alinari, John Brampton Philpot, solo per ricordarne alcuni. (…)

(…) Colte nell’interpretazione fotografica vedremo delle note sculture di Michelangelo i “rilievi ammorbidirsi e quasi appiattirsi in tagli e illuminazioni frontali, oppure al contrario, grazie a visuali oblique e a luci decise e radenti, prender risalto negli aggetti e sprofondare in ombra nelle cavità. Armonia e inquietudine, serenità e dramma, convenzione e trasgressione sono individuati e colti dagli obiettivi e restituiti nei negativi e nelle stampe, all’insegna di una variabilità che tiene molto nel soggettivo, in quanto facente capo alla filiera degli operatori e delle operazioni e comunque, essenzialmente, riconducibili al fotografo” (Cristina Acidini).

Il percorso della mostra si conclude con i riferimenti al tema della copia e del multiplo nell’epoca della riproducibilità e della massificazione affrontati da Karen Knorr, Lisa Sarfati, Tim Parchikov, mentre riconosciamo Michelangelo quale spunto emotivo dell’opera di Luca Pignatelli e modello formale della staged photography di Frank Horvat, Youssef Nabil, Kim Ki duk, fino a diventare ‘assenza’ nelle immagini di Thomas Struth e Candida Höfer.»

Arte che nasce dall’arte che nasce dall’arte che nasce dall’arte….

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