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Piccoli mestieri perduti

La disoccupazione continua a preoccupare tutta l’Europa e le nuove professioni non riescono ad assorbire tutte le competenze sul mercato. Ormai siamo di fronte a una dura realtà: il lavoro del XXI secolo sembra non aver bisogno del “fattore umano” e molti politici pensano di svincolare il reddito dall’attività lavorativa, come se il lavoro fosse per l’uomo, esclusivamente una fonte di sostentamento economico.
In attesa di fare un elenco dei mestieri che spariranno (e che nasceranno) nei prossimi 10 anni vediamo alcune delle attività che scomparvero nel corso del XX secolo, con lo sviluppo dell’automazione, del consumismo e della burocrazia.
Si trattò soprattutto di mestieri “poveri”, figli di un mondo in cui gli oggetti quotidiani si usavano e si riparavano finché era possibile, per poi essere riadattati per altri usi.
All’inizio del XX secolo si potevano veder lavorare i cordai che ricavavano funi dalla canapa (la cui coltivazione oggi è bandita), gli acquaioli (che rifornivano di acqua potabile le case prima della costruzione della rete idrica), i carbonai, gli stagnini, i venditori di ghiaccio. Molti di questi mestieri erano ambulanti e spesso si svolgevano con carri, cavalli, o a piedi.
Sovente era la bicicletta il mezzo usato da artigiani come maniscalchi, gelatai, barbieri, castagnari per spostarsi nel territorio e svolgere la propria attività direttamente “a domicilio” o nelle strade e piazze dei vari paesi e città.
Una figura che alcuni di noi hanno fatto in tempo a vedere (munita di Ape-car e altoparlante) è quella dell’arrotino, che un tempo svolgeva il proprio mestiere spostandosi con una sorta di biciclo-carretto dotato di una grossa ruota di legno, rivestita da un cerchione di ferro: il carretto, una volta giunto sul luogo di lavoro, veniva ribaltato su sé stesso e si trasformava in una mola.
Anche i lattai ambulanti un tempo giungevano nelle strade alle prime ore del mattino con le loro biciclette sulle quali erano sistemati due grossi tini di alluminio pieni di latte fresco che il lattaio riversava nelle bottiglie che i clienti portavano da casa.
Ma senza andare troppo indietro nel tempo, fino a pochi anni fa si vedevano ancora, seduti per strada a lavorare, ombrellai e impagliatori di sedie, soprattutto nei pressi dei mercati settimanali.
I materassai e le ricamatrici, fanno parte ormai di un altro mondo.
La produzione artigianale oggi purtroppo è quasi del tutto azzerata, passata prima attraverso la creazione di piccoli e grandi laboratori e infine “scippata” da attività clandestine, dove i nuovi schiavi producono oggetti di infima qualità e nessuna arte.
Niente più ceramiche e vasai (pensare che in Tunisia, il nome comune della ceramica è  “faenza”!), niente più tessitori, cuoiai, calderari.
Nonostante i media alimentino l’utopia dei nuovi contadini, anche in campagna la realtà è diversa da quello che si crede: un piccolo contadino oggi non è in grado di sopravvivere con i prodotti della terra. Frantoiani e mugnai non esistono quasi più e macinare pochi quintali di olive e grano risulta un’impresa ardua.
Stesso discorso per il commercio.
A metà del XX secolo la gamma dei commercianti era vastissima, ognuno aveva la propria specializzazione e competenza: c’erano panettieri, macellai, droghieri, cartolai e poi salumieri, pescivendoli, formaggiai e ancora vinai e pasticcieri, calzolai, fruttivendoli, pizzaioli, e così via.
Oggi ci barcameniamo tra super, iper e mega store, fuggendo ogni tanto in qualche mercatino bio, per prendere una boccata d’aria (soprattutto mentale).
Per ogni meccanico, gommista e carrozziere che sopravvive, sono scomparse frotte di riparatori di elettrodomestici e per ogni fabbro o falegname che resiste, si sono moltiplicate cavillose normative di sicurezza che rendono sempre più farraginosa la loro attività.
Le micro-attività artigianali che mantenevano viva capillarmente la popolazione, sono bandite. Restano solo come attrazione turistica nelle sagre di paese. E in effetti ci attraggono molto questi artigiani di una volta, restiamo incantati a guardare ciò che esce dalle loro mani, come fossero un oggetti magici e li invidiamo anche un po’, dimenticandoci che le loro meravigliose abilità non si traducono più in denaro sufficiente per vivere.
La tecnologia ha arricchito di possibilità molti mestieri, ne ha fatti nascere altri, ma la tecnologia notoriamente trasforma, raramente crea dal nulla.
I prossimi anni saranno interessanti da questo punto di vista perché è davvero impensabile che milioni di persone possano stare così, a faccia in su ad aspettare dal cielo una manna che non c’è, ma soprattutto senza poter vivere di ciò che amano (e sanno) fare, nel piccolo della loro bottega “2.0”.

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