Vai al contenuto
Home » Blog » Miracoli, roghi e cremazioni

Miracoli, roghi e cremazioni

(una foto al giorno leva l’ignoranza di torno) a cura di Lost Dream Editions

La pratica cristiana di inumare i cadaveri dipende senza dubbio dalla fede nella “resurrezione della carne”. Da questa ingenua credenza ha origine anche la devota conservazione dei corpi dei santi. Tempo fa ho assistito in televisione allo scoperchiamento della bara di Padre Pio, ma la trasmissione non ci ha mostrato, e per questo ringrazio i redattori, lo stato della “miracolosa” conservazione: ricordo ancora con orrore il corpo di una suora traslato in una teca di cristallo, quando il monastero dove era conservato era stato venduto per costruire un palazzo e un cinematografo; ero bambino, e i miei genitori, purtroppo, erano stati educati a credere che potesse nuocermi la visione delle immagini della fertilità.
È giocoforza che la Chiesa di Roma abbia recentemente ammesso, dopo non poca resistenza, la cremazione: da secoli la praticava già, infatti, quando voleva lei. Nell’immagine, la “cremazione”, ma i canonici preferiscono chiamarla “rogo”, del corpo di Arnaldo da Brescia, lo sfortunato riformista che predicava il ritorno alla povertà evangelica, dopo l’impiccagione avvenuta a Roma nel 1155. La causa della sua condanna a morte non era dovuta alla predicazione del pauperismo, ma alla sua decisa condanna del potere temporale della Chiesa.
Riguardo alla “cremazione” del suo cadavere, a onor del vero, bisogna ricordare che era un gesto carico di disprezzo ( i cattolici hanno sempre avuto un culto incredibile quanto sospetto delle reliquie ), come quello di gettare il corpo riesumato di un pontefice nelle acque del Tevere, dove sono state anche sparse le ceneri dell’ “eretico”.
La fotografia, se studiata seriamente, può far capire che non di rado si è chiamata con parole diverse la stessa cosa, quando non si è avuta la sfacciataggine di definire “giustiziare” l’uccisione sociale di un essere umano: addirittura facendo ricorso alla parola che significa il contrario di quanto una fotografia mostrerebbe e, non falsificata dalla didascalia, comunicherebbe. Perché non c’è ingiustizia maggiore che far credere che sia “giusto” compiere lo stesso atto di cui la vittima è stata riconosciuta colpevole da un tribunale.
Nell’immagine:
Il rogo del cadavere di Arnaldo da Brescia.
Stampa da una tarda edizione di Thieleman J. van Braght, Martyrs’ mirror, pubblicato per la prima volta in Olanda nel 1660. Lo “Specchio dei martiri” racconta le storie di martiri, in genere anabattisti, vittime del cattolicesimo.
Fotografia di “Angrense”, 2005.
( da Wikipedia )

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *