L’economista e demografo inglese Thomas Robert Malthus riteneva che il controllo delle nascite fosse questione attinente alle fasce più povere della popolazione, quelle che, secondo le sue teorie, non avrebbero dovuto riprodursi fino ad aver raggiunto un livello di reddito chiamato “salario di sussistenza”.
In realtà la storia insegna che la contraccezione, per i più svariati motivi, è stato innanzitutto un problema femminile ed ha interessato le donne di ogni tempo e luogo.
In Egitto i primi papiri che parlano di anticoncezionali vanno dal 1850 al 1550 a.C. e spiegano nel dettaglio quattro metodi per prevenire gravidanze indesiderate: inserire in vagina una sostanza flessibile simile alla gomma in modo da ricoprire il collo dell’utero; utilizzare una miscela di miele e carbonato di sodio; polverizzare sterco secco di coccodrillo su una specie di pasta da inserire in fondo al canale vaginale; introdurre in vagina un tampone di garza imbevuto di miele e succo di acacia.
Pur, in apparenza, semi-magici questi rimedi non erano campati in aria: le prime tre soluzioni avevano l’effetto di ridurre la motilità dello sperma, mentre le foglie di acacia, fermentando, producono acido lattico considerato anche oggi un buon spermicida.
Furono sempre gli Egizi i primi ad utilizzare vesciche ed intestini oliati di animali come primitivi “condom”, per evitare tutti i rischi derivanti dai rapporti sessuali. Inoltre usavano dei piccoli coni composti di semi di melograno triturati e impastati con l’acqua. I semi di melograno contengono un estrogeno naturale ed è possibile che questa mistura prevenisse l’ovulazione.
Nell’antica Cina la contraccezione veniva spesso mischiata con le pratiche abortive, come la ricetta che consigliava di assumere, a stomaco vuoto, mercurio cotto nell’olio o di mangiare sedici code di lucertole cotte nel mercurio. Come “preservativi” si utilizzavano fogli di carta oleata sagomata mentre in Giappone si preferivano dei cilindri di cuoio. Sempre in ambito orientale, già nel primo secolo a.C., la farmacopea indonesiana citava a scopo contraccettivo due piante medicinali (il Lithospermum ruderale e il Lycopus virginicus) delle quali oggi e’ riconosciuta la capacita’ di inibizione ormonale.
Nella Grecia del V secolo a.C. Ippocrate, tra i vari metodi di contraccezione “orale”, consigliava l’ingestione di miscele di solfato di ferro e rame, preparazioni derivate da croco e alloro, dai semi di ortica o dalle radici di peonia. Già da queste poche indicazioni è chiaro come nel corso dei secoli, gli effetti anticoncezionali e quelli abortigeni delle erbe e dei minerali fossero spesso confusi tra loro. Tra le piante più utilizzate a questi scopi c’erano l’artemisia, la mentuccia, la ruta, l’aloe, il ginepro, la mirra, il cetriolo fino al tristemente noto prezzemolo.
Ma non mancavano nella pratica comune rimedi superstiziosi e magici.
Le donne romane, ad esempio, erano convinte che mettere un ragno sotto l’ascella allontanasse il rischio di concepimenti non voluti. In epoca medievale era invece in voga una contraccezione simbolica: un infuso di semi fermentati di alberi sterili veniva assunto dalla donna mentre all’uomo bastava appendere ai vestiti un amuleto contenente dei testicoli di castoro, di gatto o di donnola, imbevuti di alcol.
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