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L’arte delle citazioni

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A qualche anno dal boom dei social, quando ormai è entrato nell’uso comune scambiarsi quotidianamente contenuti personali con una cerchia di “amici”, ecco che scopriamo che la maggior parte di questi contenuti non sono parto della nostra mente, ma sono … citazioni altrui.
Sui nostri profili web abbondano gli aforismi di Oscar Wilde e di Abramo Lincoln, siamo diventati tutti dei saputelli tardo-romantici o neo-cinici che parlano attraverso frasi dall’impatto immediato, ma

non posso negare il fascino che esercitano anche su di me le citazioni: sono comode, essenziali, dirette, suggestive.
Intere pagine Facebook sono state aperte per fornirci una “massima” al giorno, che chiarisca lo stato d’animo del momento donandoci un’aura di cultura che non guasta; sono frasi di filosofi, letterati, scienziati, politici, artisti del passato, sempre veicolate da un’immagine del personaggio citato o il più possibile evocatrice.
Lo sguardo sornione di Churchill ci informa che ”Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo”; dietro l’inconfondibile capigliatura da folle, Einstein ci ricorda che “La paura o la stupidità sono sempre state alla base della maggior parte delle azioni umane”; Nietzsche, uno dei preferiti del web, dice cose sagge, ma sempre con uno sfondo naturalistico perché forse i suoi baffoni scoraggiano il pubblico, ma anche Schopenhauer ha spesso qualcosa da dire dall’alto del suo pessimismo, mentre Freud ha proprio una sua personale pagina, zeppa di frasi estrapolate dal contesto e diffuse sotto il vigile cipiglio del padre della psicanalisi.
Il corredo iconografico naturalmente ha lo scopo di far circolare più facilmente “la frase del giorno” perché si sa, la nostra attenzione è divenuta così volatile che non si sofferma più su delle semplici parole. Amiamo le citazioni. Ci fanno apparire intelligenti, riempiono il vuoto della nostra identità web, la lucidano e le danno spessore e soprattutto non ci fanno perdere tempo a ragionare e, quando sono appiccicate su una foto, l’effetto è assicurato.
Citare è come mandare la mente al fast food e i social in effetti sono diventati i fast food culturali del nostro tempo: ci propinano concetti precotti, subito pronti, “essenzializzano”, “distillano” ed estraggono il cuore dei discorsi, anche di quelli che necessitano di profonda riflessione. Peccato che le fonti non vengano quasi mai controllate. Eh sì, anche qui avremmo bisogno di seguire la filiera del prodotto: proprio come accade col junk food (il cibo spazzatura), a volte anche sui social ci viene propinata una pappa pronta, ma farlocca. Ci succede di vedere la firma di Platone sotto frasi improbabili e quella di Jung praticamente ovunque.
Ma il “parco citazioni” al quale non rinuncerei mai, devo ammetterlo, oltre a quello gilardiano è quello apertamente comico. Qui Mozart esordisce con un: “Tranquilli, ho un piano…”; Pitagora perplesso ammette: “il triangolo no, non l’avevo considerato”; l’onnipresente Freud mi consiglia: “Fatti vedere da uno bravo”; Bob Marley, come una nonna qualunque, ricorda che “l’erba del vicino è sempre più verde”, mentre Giuda saluta dicendo ”Vado ragazzi! Un bacio…”.

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