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La corona di Demetra

Si racconta che l’ultimo re di Roma Tarquinio il Superbo, interrogato dal figlio su quale fosse la prossima mossa contro il nemico, senza proferire parola decapitò con un colpo di spada i più alti papaveri che ondeggiavano nel giardino. Sembra che sia questa l’origine dell’appellativo di “alti papaveri” (alti, alti, alti!) usato oggi per indicare i vertici del potere politico.Erba comune originaria dell’altopiano iranico, infestante dei campi, del frumento e dell’orzo, il papavero può crescere fino ai 1700 metri di quota e si rinviene con estrema facilità anche ai bordi delle strade, tra le macerie, nei campi incolti, lungo i fossati. I suoi delicatissimi fiori non sono solo rossi, ma anche gialli, bianchi o viola ed è una pianta assai diffusa in Italia soprattutto nelle due varietà del Papaver rhoeas, o Rosolaccio, e del Papaver hybridum.
Sacro a molte divinità, il papavero nell’iconografia antica è indissolubilmente legato alla figura di Demetra (Cerere), dea delle messi, che veniva spesso raffigurata con una corona di grano e papaveri e un fascio di grano tra le braccia. La mitologia racconta che Demetra avrebbe trovato per la prima volta il papavero nell’isola di Mecona (papavero in greco si dice Mecon) e che l’avesse usato per trovare sollievo alla sofferenza per la scomparsa della figlia Kore (Proserpina), per questo il significato del fiore di papavero, è quello di “consolazione”. Nel museo di Heraklion è conservata una statuetta cretese della dea del papavero, adorata nella cultura minoica, mentre porta i baccelli della pianta, fonte di nutrimento e di oblio, incastonati in un diadema. E’ probabile quindi che la figura della grande dea madre, dalla quale deriva Demetra, abbia portato con sé da Creta, insieme al culto dei Misteri Eleusini, anche l’uso del papavero, infatti sappiamo che durante i riti celebrati a Creta, si faceva uso di oppio preparato con questo fiore. Ne abbiamo traccia anche nell’Iliade in cui i medici achei Macaone e Podalirio, che “addormentano” Filottete prima di un intervento chirurgico, sono figli del dio della medicina Asclepio e di Epion “colei che allevia il dolore”, il cui nome ha una curiosa assonanza con quello greco dell’oppio: òpion”, ossia “succo”, che in realtà viene ricavato dal lattice essiccato di una specifica varietà di papavero, il Papaver somniferum. Sembra che i Sumeri, cinquemila anni fa, ne conoscessero l’azione narcotica e anche Paracelso, medico e alchimista, lo usava in forma di tintura di oppio (laudano).
I più innocui fiori del nostro Rosolaccio, invece, sotto forma di infuso curano le eccitazioni nervose e l’insonnia, hanno proprietà decongestionanti, soporifere, emollienti, calmano la tosse e il catarro bronchiale, assicurano tranquillità a chi soffre di tosse stizzosa che si manifesta soprattutto di notte. In cosmesi l’infuso può essere utilizzato per decongestionare le pelli arrossate e, in compresse, serve a combattere le rughe. I suoi germogli teneri si utilizzano in cucina per la preparazione di minestre a base di ortaggi. Vengono raccolti quando non hanno ancora il fiore, poi vengono lessati e possono essere conditi con olio di oliva, qualche goccia di limone, poco sale, e consumati come gli spinaci. In campo alimentare trovano uso anche i semi di papavero (Papaver Nigrum var. Glabrum) molto diffusi in pasticceria e panetteria: già nell’antica Roma si usava preparare delle focacce con miele, farina, olio e semi di Papavero, mentre ancora oggi troviamo in commercio una varietà di confetti contenenti questi semi. Ecco un semplicisimo dolce realizzato con i semi di papavero:
Ingredienti: 200 g di zucchero, 8 uova, 200 g di mandorle o nocciole macinate, 200 g di semi di papavero macinati, 1 bustina di zucchero vanigliato, 1 pizzico di cannella, succo di 2 limoni, 1 spruzzata di rum, 2-3 mele.
Procedimento: Lavorate le uova intere con lo zucchero fino ad ottenere una crema spumosa. Unite, sempre mescolando, le mandorle o le nocciole, i semi di papavero, lo zucchero vanigliato, la cannella, il succo di limone e il rum. Alla fine aggiungete le mele grattugiate. Versate il tutto in un grande stampo imburrato e infarinato e fate cuocere in forno a calore moderato.

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