È notizia di lunedì la decisione della Scala di Milano di liberarsi di una quantità di vecchie scenografie e abiti teatrali per lasciare spazio al nuovo.
Immediata ci prende una stretta al cuore, pensando che il magnifico museo di uno dei più grandi teatri al mondo custodisce delle vere e proprie opere d’arte, ma che i depositi non potranno certo travasare tutto il loro materiale in questo tempio della memoria.
Ma cosa sarebbero stati un’Aida o un Parsifal, senza costumi e scenografia? Certo la musica ha un suo linguaggio e parla da sé, anche da una traccia registrata, ma Verdi, Rossini, Mascagni sarebbero diventati idoli delle folle senza che le loro opere appagassero non solo l’udito, ma anche la vista? E le movenze di Nijinsky avrebbero incantato allo stesso modo senza l’arte di Léon Bakst?
Gli allestimenti scenici, i fondali, i costumi appartengono a un’arte troppo spesso dimenticata e purtroppo, rispetto ad altre, oggi fruita da pochi, ma nel corso della storia dei teatri d’opera, figurini e bozzetti sono usciti dalle mani di artisti come Picasso e Guttuso, e dall’ingegno creativo di quasi tutti i più grandi stilisti di moda italiani, da Missoni a Versace.
I meccanismi creati per i cambi di scena, vere e proprie invenzioni , dovrebbero avere addirittura un museo a parte, così come tutti gli altri artifici e accorgimenti capaci di creare quel senso di magia nello spettatore, quell’emozione che , all’inaugurazione del Teatro alla Scala, il 3 agosto 1778, fece scrivere a Pietro Verri «mentre te ne stai aspettando quando si dia principio, ascolti un tuono, poi uno scoppio di fulmine e questo è il segnale perché l’orchestra cominci l’ouverture, al momento s’alza il sipario, vedi un mare in burrasca».
Il sindaco Giuseppe Sala, presidente del CdA dello storico teatro milanese, si augura che gli abiti e gli accessori storici degli spettacoli che hanno reso celebre la Scala possano essere messi all’asta e che le scenografie in fase di eliminazione possano essere recuperate da altri teatri.
Siamo certi che prima di eliminarlo, questo materiale sia stato fotografato e catalogato in modo che potremo ancora vedere, seppure solo in immagine quanto verrà disperso, consultando l’ Archivio Storico online. Sono questi i momenti in cui sorge spontaneo un enorme “grazie” nei confronti della fotografia e del paziente lavoro di ordinamento e conservazione di molti altri archivi e centri documentazione che, come la Fototeca Gilardi, mantengono una reale e composita testimonianza di quanto sarti, scenografi, grafici, artigiani, scultori, fabbri, falegnami, figli di un dio minore, hanno realizzato nel corso dei secoli.
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