Vincitore del Premio Speciale della Giuria all’ultimo Festival del cinema di Venezia, “J’accuse” di Roman Polanski è pronto ad uscire anche nelle sale italiane, il 21 novembre, con il titolo “L’ufficiale e la spia” che vede il distributore italiano cancellare con un grossolano colpo di spugna il celebre appello di Emile Zola che passò alla storia con l’Affaire Dreyfus.
La vicenda è nota: Alfred Dreyfus, un ufficiale di artiglieria dell’esercito francese, viene accusato di spionaggio a favore della Germania. Siamo nel 1894 e i due Stati confinanti vivono un periodo di enormi tensioni: la Guerra franco-prussiana ha visto la Francia perdere i territori dell’Alsazia e della Lorena a favore della Germania e Dreyfus, ebreo originario dell’Alsazia, sogna di rivedere la bandiera francese sventolare ancora nella sua regione. Il 26 settembre una lettera anonima piena di documenti segreti destinata ai tedeschi viene intercettata dal controspionaggio francese: è stata scritta sicuramente da un ufficiale dello Stato Maggiore francese che ha intenzione di vendere informazioni alla Germania.
Le accuse si orientano subito verso Dreyfuss, già mal tollerato in quanto ebreo nonostante l’ottima preparazione militare e uno stato sociale di tutto rispetto. Sembra che la grafia del giovane ufficiale assomigli a quella dell’anonima spia. A dirlo è lo stimatissimo criminologo Alphonse Bertillon, così il 13 ottobre 1894 Dreyfus, con modalità del tutto arbitrarie viene arrestato. Fin da subito, sconvolto dichiara la sua innocenza, ma rifiuta di piegarsi ad un “dignitoso” suicidio o ad una confessione: deve restare vivo per dimostrare la propria innocenza. Viene segregato e isolato in carcere, mentre “fuori” inizia a montare la marea antisemita che lo vuole membro di un gigantesco complotto per distruggere la Francia. Maurice Barrès, figura di spicco del nazionalismo francese, non perde occasione di fomentare l’opinione pubblica instillando paura di un’inesistente invasione ebraica e pubblicando commenti razzisti sulla stampa. Con tutto il paese contro, un processo a porte chiuse di soli 4 giorni lo condanna alla deportazione perpetua ai lavori forzati nella colonia penale dell’Isola del Diavolo, e il 5 gennaio 1895 nel cortile dell’École militaire, Dreyfus viene degradato con disonore e gli viene spezzata la spada di ordinanza.
Un anno dopo ai vertici dello spionaggio militare arriva il colonnello Georges Picquart. Le indagini proseguono e ogni informazione destinata all’ambasciata tedesca viene accuratamente vagliata. Nel marzo 1896 nella mani di Picquart giunge una comunicazione tra l’ambasciatore tedesco e il maggiore francese Ferdinand Walsin Esterházy, un ufficiale appartenente ad un’antichissima famiglia di nobili origini, la cui grafia sembra del tutto simile a quella attribuita a Dreyfus.
Picquart riapre il caso e consegna una dettagliata relazione ai suoi superiori: Esterhàzy è oberato dai debiti di gioco, le due lettere sono state scritte da lui, Dreyfus è innocente. Come risposta viene rimosso dall’incarico e spedito in zona di guerra, ma fa in tempo ad avvertire i sostenitori di Dreyfus e in Francia inizia una campagna che chiede la revisione del processo. Celebri scrittori e intellettuali chiedono a gran voce la liberazione dell’ufficiale alsaziano, il più famoso, come sappiamo, fu Emile Zola con la sua lettera pubblica al presidente Fauré, chiusa con un elenco di “io accuso”, seguiti da nomi e cognomi delle persone coinvolte nell’Affaire e relativo reato commesso ai danni della giustizia e dell’innocente Dreyfus. Con questo Zola si guadagnò un anno di carcere e tremila franchi di ammenda per vilipendio delle forze armate, ma il vento stava cambiando: c’erano prove inconfutabili che le accuse su Alfred Dreyfuss fossero false.
Nel 1899 Dreyfus rientra in Francia, e nonostante la confessione da parte di Esterhàzy, la sua completa riabilitazione arriverà solo nel 1906 nella totale indifferenza dell’opinione pubblica, alla sola presenza di Picquart, dei familiari e di pochi amici che lo videro ricevere il massimo riconoscimento della Legion d’Onore.
Nonostante questo, agli occhi degli estremisti di destra fino alla fine dei suoi giorni Dreyfus rimase “il traditore ebreo” tanto da subire un attentato due anni dopo la sua riabilitazione.
La marea antisemita era in moto e non si sarebbe arrestata che 40 anni più tardi, dopo due guerre mondiali.
© riproduzione riservata