La riuscita nella vita, il più delle volte, non è tanto frutto di genialità quanto di impegno e di resistenza ai fallimenti. I più grandi personaggi della storia che associamo al successo e alla fama altro non erano che indefessi lavoratori, capaci di rialzarsi ad ogni fallimento e dotati di almeno una grande passione.
Pensiamo ad esempio a Michelangelo: quando gli fu chiesto di dipingere la Cappella Sistina, sua opera immortale, esitò a lungo. Un disturbo cronico al setto nasale lo faceva soffrire terribilmente se costretto a lavorare con la testa rivolta al soffitto. Eppure accettò e sopportò due anni infernali per completare la Cappella Sistina, dipingendo per 12 ore al giorno.
Anche Walt Disney, creatore di Topolino e della più celebre “industria” del cartone animato, dovette girare ben 362 banche prima di ottenere il finanziamento per il primo parco divertimenti dedicato alle sue storie. All’inizio della sua carriera era stato licenziato da un giornale per “scarsa immaginazione e incapacità di avere idee originali” e, dopo l’esperienza giornalistica, aveva portato alla bancarotta diverse sue società. Lo stesso Ford, fece fallire due aziende prima di diventare il magnate dell’auto.
Mentre ci sforziamo di cercare nei gesti dei nostri figli un qualunque talento, dobbiamo ammettere di non dare la stessa attenzione alla sua perseveranza, mentre la vita dimostra a che a parità di doti, chi riesce è solo chi tiene duro e vive la sconfitta come una lezione per migliorarsi e imparare.
È noto che J.K.Rowling, l’autrice di Harry Potter ha passato anni difficilissimi. Senza un lavoro, con una figlia da crescere e una grave depressione da affrontare, scrisse il suo primo romanzo nel pub del cognato. Dopo alcuni rifiuti, fu la Bloomsbury, una casa editrice quasi sconosciuta, a pubblicare il primo libro della saga.
Anche Stan Lee, il creatore di Spiderman, iniziò a lavorare alla futura Marvel ancora sedicenne, ma fu solo all’età di quarant’anni che riuscì a dar vita e rendere celebri supereroi come Hulk, Iron Man, Thor e i Fantastici Quattro.
Alexander Graham Bell offrendo i diritti sulla sua invenzione (il telefono) al presidente di Western Union, si sentì rispondere: “Che se ne farebbe questa società di un giocattolo elettronico?”, ma non per questo desistette nè smise di credere alla bontà della sua opera, e George Bernard Shaw, in attesa di arrivare al successo, tappezzava la sua stanza con le lettere di rifiuto degli editori, si direbbe oggi, “per motivarsi”.
Musicisti, artisti, letterati e scienziati di successo hanno un unico tratto in comune: non l’ispirazione, ma la perseveranza.
Baudelaire, non certo un burocrate, affermava che “l’ispirazione non è che la ricompensa all’esercizio quotidiano”. Lo sapeva bene Thomas Alva Edison, inventore del fonografo e della lampadina, uno dei più grandi “falliti di successo” che in un’intervista a “Life”, nel 1932, dichiarava ironicamente che “l’invenzione consiste per l’1% di ispirazione e per il 99% di traspirazione, cioè di sudore e fatica”.
Se ci pensiamo, anche molti scrittori, pittori e musicisti celebri, sono passati alla storia oltre che per le loro opere, anche per l’enorme quantità di tempo che quotidianamente dedicavano alla loro attività: Balzac scriveva dalle 15 alle 17 ore al giorno, Flaubert dalle 10 alle 12 ore, Beethoven componeva dalle 6 del mattino alle 3 di notte, Simenon scriveva per 14 ore al giorno, Renoir , colpito in vecchiaia da una dolorosissima artrite, dipingeva facendosi legare i pennelli alle mani.
Giacomo Leopardi a nove anni leggeva e scriveva perfettamente in latino e greco. Sembrerebbe davvero un bambino prodigio, ma senza nulla togliere all’indubbia intelligenza, forse dimentichiamo che a quell’età passava sui libri 14 – 15 ore al giorno … decisamente troppo, ma viene da pensare che, forse, oggi sottovalutiamo i nostri bambini facendo l’errore opposto, non ponendo loro delle mete difficili per evitare ogni stress da fallimento, senza pensare che solo così si diventa più forti e si sconfigge la paura di fallire.
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