(una foto al giorno leva l’ignoranza di torno) a cura di Lost Dream Editions
Nella Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano è conservato il dattiloscritto dell’autobiografia di Vincenzo Rabito, pubblicato da Einaudi nel 2007 con il titolo “Terra matta”. È un libro da non perdere. L’autore, nato nel 1899, sapeva scrivere ma aveva letto poco: sono numerosissime le parole scritte “per sentito dire”, storpiate spesso in modo delizioso: per dirne una fra tante, i “fuochi artificiali” diventano nella sua scrittura «fuoche alte uficiale» ( p. 54 ), dove la “e” ha un suono che sfocia nella”i”. La metamorfosi fonetica, poi, subita dalla parola che indica l’immagine totalmente automatica è di quelle che lasciano stupiti e fanno sentire l’eredità magica che si rivela già nel suono: «fatocrafia». L’autore di questa sorprendente autobiografia, raccontando la sua vita «discraziata», ce ne regala una stupenda, fatta di parole, cioè una riproduzione oggettiva e incredibilmente vera, una “fotografia”, che fa giustizia di miliardi di inutili vacue parole che, come una coperta estremamente corta, hanno cercato inutilmente di coprire un immenso paradosso: come hanno cercato di fare, con risultati decisamente migliori, anche le immagini manuali. Ma lascio la parola a Vincenzo Rabito, uno dei «ragazze del 99» strappato alla Sicilia per andare a “difendere” la patria sull’altipiano di «Aseaco» ( Asiago ): «Così, quando il prete aveva fenito di dire la messa, e come tante volte repeteva che il Dio ne doveva dare la crazia di vincere questa sanquinosa querra e scacciare il nostro potente nimico, che come il pricioniere intese quella parola del prete, che “il Dio ni doveva fare la crazia di scacciare il propotente nimico”, si ammesso a ridere e senza tremare ha detto: – Qualda che sono tutte li stesse li prete, che la domenica passata il nostro prete ci ha detto, quanto ci hanno portato alla messa, ci ha detto propia li stesse parole, che il Dio ci aveva a fare una crazia, che l’Austria doveva “scacciare il suo potente nemico”, che ene l’Italia, e “vincere questa sanquinosa guerra” … – E il tirestino redeva, e non sapiammo perché rideva e ha detto che forse ci sono 2 Patre Eterne, uno è in Italia, e uno ene in Austria, e non ci capeva niennte, e rideve e fece redere a tutte, che il prete si aveva compiato li coglione e ni ha detto: – Che ci l’ha portato a questo che va contra la relicione? Portatolo fuore della messa!»
Nell’immagine:
Guido Reni, San Matteo e l’Angelo, 1635-1640 circa.
Roma, Musei Vaticani.