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Il bagnetto di Maria

Mentre l’arte culinaria assurge a vette di virtuosismo parossistico e le più rodate tecniche di taglio e cottura acquistano uno spessore culturale mai avuto prima, ho deciso di tuffarmi anch’io in questo clima di delirio collettivo con una chicca che delizierà i più curiosi e strapperà un sorriso agli altri: l’origine della cottura “a bagnomaria”.
Che Maria sarà questa, che pensò di immergere la sua pentola dentro un’altra pentola per cuocere in modo più delicato i cibi?
E perché, poi?!
Fu la Madonna? Maria di Magdala? Maria la Sanguinaria? Maria Stuarda?
No, nessuna di queste.
Secondo la leggenda fu Maria l’Ebrea, un’alchimista vissuta intorno al IV secolo avanti Cristo. La mitica proto-scienziata, una delle pochissime figure femminili della storia dell’alchimia, inventò infatti i primi apparecchi distillatori: la kerotàkis (un alambicco in tre parti), il trìbikos, che dal recipiente in basso, a contatto col fuoco, porta il vapore sublimato in alto e lo raccoglie in tre diversi vasi di vetro e il bagno-Maria, ovvero il riscaldamento per contatto indiretto col fuoco mediante un recipiente con acqua o sabbia: secondo il suo discepolo Zosimo, Maria avrebbe sperimentato il metodo del bagno in acqua (Balneum Mariae)  per imitare le condizioni naturali e riscaldare lentamente miscele di varie sostanze (elisir) e produrre in questo modo oro o altri metalli preziosi.
Questa era per lei la distillazione: “Uno diventa due, due diventa tre, e mediante il terzo e il quarto compie l’unità: così due sono uno”… insomma piuttosto criptica!
Col tempo però la figura dell’alchimista Maria l’Ebrea si sovrappose nientemeno che a Maria, la sorella di Mosè e di Aronne, mentre il termine e la pratica passarono nel Cinquecento dal mondo arabo, in Occidente dove iniziava a svilupparsi l’alchimia.
Fu solo nell’Ottocento che il “bagnomaria” arrivò in cucina, perdendo (fino ad oggi) tutto l’alone di mistero che l’aveva accompagnato nei secoli.

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