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I terribili figli dell’Amore e della Guerra

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I numerosi e fugaci incontri clandestini di Afrodite e Ares, consumati in barba a Efesto e tanto celebrati nell’arte e nella letteratura, non rimasero semplici momenti di passione incontrollabile. Come spesso accade, produssero numerosa divina prole: i figli dell’Amore e della Guerra.
La seducente Afrodite e il muscoloso Ares si attraevano come calamite, ma la loro unione non era certo un armonioso connubio di qualità simili, così i loro focosi amplessi arricchirono l’Olimpo di Phobos (la Paura), Doimos (il Terrore), Eros (l’Erotismo), Anteros (l’Amore corrisposto) e Armonia (la Concordia).
Gli ultimi tre, aiutanti della madre Afrodite, spingevano gli umani a unirsi e sono più conosciuti, soprattutto Eros che, da splendido giovane alato armato di arco e frecce, nel tempo si è trasformato in un cicciottoso putto svolazzante.
Paura e Terrore (per alcuni autori la Paura e il Pallore o ancora il Terrore e la Fuga), divinità maschili risvegliate dal rosso del sangue, accompagnavano invece il padre Ares in guerra scompigliando le file dei guerrieri e inducendo un sacro spavento.
Le loro raffigurazioni (un volto dai capelli irti, la bocca spalancata e lo sguardo terrorizzato) non sono numerose come quelle di Eros e Afrodite, ma in epoca antica esistevano persino templi a loro dedicati, uno dei più famosi quello di Sparta, presso il Tribunale degli Efori, dove le nobili famiglie pregavano e portavano offerte per scongiurare il timore di compiere imprese indegne del loro rango, ma soprattutto per ispirare ai malvagi il timore del castigo. Pausania riporta la presenza di una statua di Phoibos anche a Corinto, spiegando che la popolazione aveva eretto questo simulacro su consiglio dell’Oracolo, per espiare l’omicidio dei due figli di Medea. Racconta che persino i feroci Galli guidati da Brenno, giunti a Delfi per continuare la loro opera di distruzione della Grecia, presi da un inspiegabile terrore indotto da Doimos, si posero in fuga morendo in diecimila.
Si racconta che Teseo in partenza con gli Argonauti, fece sacrifici alla Paura affinché non si impadronisse delle sue truppe e così fece Alessandro Magno, molti secoli più tardi.
Una delle prime apparizioni della spaventosa divinità fu nelle opere di Esiodo il quale, descrivendo lo scudo di Eracle, nominò Ares accompagnato dalla Paura, ma anche Omero nomina Phobos più volte nell’Iliade: pone raffigurazioni della Paura sull’egida di Minerva e sullo scudo di Agamennone, paragona i due guerrieri cretesi Idomeneo e Merione ad Ares e al figlio Phoibos, racconta che il dio della guerra adirato, ordina alla Paura di preparargli il carro, fa sorgere Phoibos e Doimos dalle navi greche che terrorizzano i troiani alla difesa della città.
Nella tragedia “i 7 contro Tebe” anche Eschilo fa giurare gli alleati di Polinice, su Ares e sulla Paura.
Queste figure, con piccole varianti, sono presenti anche nella tradizione romana e accompagnano già la figura di Tullo Ostilio il quale, grato per l’improvvisa fuga degli Albani suoi nemici, decide di erigere un tempio alla Paura (identificata con la Fuga) e al Pallore.
Nella mitologia romana Phoibos veniva chiamato anche Metus, Formido, Timor o, più spesso, Pavor ; Cicerone afferma che Pavor sia figlio della Notte e veniva invocato nei più importanti giuramenti.
Anche i bambini nell’antica Roma avevano una loro divinità dedicata alla paura, di nome Paventia, invocata forse per proteggerli da timori irrazionali, forse per liberarsi dallo spavento o magari, più probabilmente, usata dagli adulti come ancestrale “Babau”.

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