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I Pirati, piratati

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Una settimana fa, nel pieno dell’allarme “WannaCry” (l’attacco informatico che ha colpito tra gli altri anche molti ospedali britannici, l’Università Bicocca di Milano e il Ministero dell’Interno russo) abbiamo visto Jack Sparrow e i “Pirati dei Caraibi” rimanere ostaggio dei loro colleghi informatici che hanno chiesto un riscatto in bitcoin alla Disney per liberare il 5° episodio della saga, oggi in uscita nei cinema.
Per fortuna del colosso dei cartoons l’allarme è rientrato in un paio di giorni, ma subito dopo, altri pirati hanno lanciato nel mare del web una nuova “nave fantasma” dal nome Adylkuzz, un nuovo virus per rastrellare monero (valuta informatica come i bitcoin) e speculare sulle fluttuazioni del suo valore.
Un po’ pirati e un po’ squali della finanza, immagino questi nuovi filibustieri gozzovigliare in una loro Tortuga, il cosiddetto “Deep Web”, quello nascosto a tutti, e magari mettersi al soldo di qualche servizio segreto, perché fare il “cracker” (cioè l’hacker criminale) è soddisfacente, ma è molto più remunerativo se qualcuno ti paga profumatamente e copre le tue tracce. Nel XVI secolo, mentre la Spagna prosperava depredando delle sue ricchezze il Nuovo Mondo, Francia e Inghilterra cercavano di contrastarla in ogni modo, attraverso guerre palesi e attacchi subdoli attuati assoldando avventurieri chiamati “corsari”, cioè pirati dotati di “permesso governativo” per depredare navi e coloni spagnoli sulle rotte atlantiche. Non è poi così irreale l’ipotesi che anche ora molti pirati informatici, si siano trasformati in corsari al servizio di qualche governo, come Francis Drake nominato addirittura baronetto dalla regina Elisabetta I.
Il mondo dei pirati oltre a raccontarci incredibili parallelismi tra il colonialismo del 1600 e la natura del web del secondo millennio, potrebbe forse anche suggerirci la giusta prospettiva per comprendere quello che, scorrettamente, viene definito “attacco hacker”. L’hacker infatti è semplicemente un esperto di informatica che aspira alla completa libertà del web, come dire, un formidabile capitano di vascello, un avventuriero, un esploratore, che ritiene le rotte oceaniche libere e i paesi di approdo proprietà di nessuno, poiché tutto è di tutti: come prende ciò che gli serve, dà anche quello che può e sa. Il vero pirata è invece il cracker, che si muove per depredare e saccheggiare informazioni e proprietà altrui unicamente per vantaggio personale. Gli hacker hanno infatti un loro codice etico, i cui principi base sono condivisione, apertura, decentralizzazione, libero accesso alle tecnologie informatiche e miglioramento del mondo, ma come direbbero i Pirati dei Caraibi, per i cracker (i veri bucaneri digitali) il codice è… “più che altro una traccia”.

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