“Sorry, we missed you“ di Ken Loach ha finalmente sollevato il velo che copriva, agli occhi dei più indifferenti, i danni irreparabili che la diffusione del commercio on-line sta procurando a lavoratori e ambiente. Con il suo sguardo disincantato e privo di ipocrisia, il regista ha messo in luce il feroce sfruttamento in atto nei confronti di migliaia di lavoratori (i corrieri del commercio digitale) ridotti ad una plebe senza speranza, al pari dei runner del cibo a domicilio.
Nel giro di 50 anni il mondo del lavoro ha subito una trasformazione inimmaginabile, non solo dal punto di vista della produzione (migrata nei paesi “a basso costo”), ma anche della distribuzione dei beni che, in un tempo non troppo lontano, raggiungevano la clientela attraverso una rete di piccoli negozi sparsi su tutto il territorio. Ora, dopo una trentina d’anni in cui la grande distribuzione ha portato alla chiusura di negozi e botteghe svuotando le periferie, è la volta del commercio on-line, il quale, attraverso pochissimi soggetti economici, sta soppiantando velocemente proprio gli ipermercati, i megastore e i discount, allo scopo di monopolizzare l’attività commerciale del globo.
Quei piccoli spazi che si erano riaperti negli ultimi anni grazie ad una faticosissima sensibilizzazione verso i “prodotti (e i produttori) a km zero“, si sono improvvisamente richiusi: la passione per gli acquisti on-line ha vanificato ogni sforzo facendo esplodere l’interesse per i “prodotti … a km infinito“.
In questo sistema i corrieri diventano forzatamente dei moderni schiavi trasformandosi in fattorini che consegnano centinaia di pacchetti, in luoghi anche molto distanti tra loro, in tempi record e per pochi euro, non da dipendenti, ma da autonomi.
Per la prima volta nella storia non è più il commerciante colui che “veicola” le merci e le fa arrivare al cliente finale, non è più il cliente finale che si reca a ritirare la merce; ora questo compito spetta al corriere che un tempo era un semplice tramite tra produttore e il piccolo commerciante presente sul territorio.
La differenza sembra piccola, ma è sostanziale perché i costi della distribuzione, con questo sistema, gravano su un soggetto estraneo alla vendita.
Il commercio storicamente è stato la linfa vitale dell’economia: l’attività commerciale “minuta”, quella capillare e diffusa, ha permesso a larghe fasce della popolazione mondiale una vita dignitosa, ha aiutato gli artigiani a distribuire i loro manufatti e ha consentito la sopravvivenza di un mercato in cui molti piccoli soggetti avevano la possibilità di scambiare beni, ha dato ossigeno al globo e ha evitato la cancrena delle periferie.
Purtroppo ora siamo giunti al punto in cui una sorta di assolutismo economico, la cosiddetta Gig-economy, sembra aver catturato il piccolo e veloce Mercurio, dio dei mercanti e dei viaggiatori (e dei trasportatori!), mettendolo al guinzaglio. Ormai Hermes con i suoi calzari e il suo elmo alato non può andare ovunque, percorre soltanto un’unica via, non può che mettersi al servizio di una sola immensa entità e portare ossigeno solo a essa.
Ma questa non è la sua natura.
… Chi lo libererà?
© riproduzione riservata