Mentre le vite dei nostri ragazzi sembrano incastrate inesorabilmente in un mondo senza opportunità che li porta a scoraggiarsi, è utile ricordare che non sempre le umili origini o la mancanza di risorse economiche sono destinate a produrre personaggi oscuri e miseri, non sempre sono una condanna a morte, anzi, sovente il desiderio di riscatto e (molto più spesso) una passione divorante riescono a spingerci verso la realizzazione dei nostri sogni. È necessario distogliere la nostra mente dal pensiero del fallimento imminente e mettere a fuoco qualcosa di concreto che ci dia speranza, che riequilibri la visione del possibile.
Non ho mai creduto molto in quello che viene chiamato “pensiero positivo” perché è qualcosa di troppo astratto e in un attimo rischia di diventare inutilizzabile nel quotidiano. Mi è invece stato utile, per rianimare le speranze, conoscere la vita delle persone che ammiravo, non sempre ricche e famose, ma tutte indistintamente caparbie, talentuose e realizzate.
La storia è costellata di personaggi celebri di umili origini, addirittura di origini infime.
Il primo che vorrei ricordare è Jean François Champollion, colui che svelò il segreto dei geroglifici egizi traducendo la stele di Rosetta e permise di conoscere una cultura ormai oscura da millenni.
Champollion, che divenne professore universitario a soli 19 anni, non era figlio di un nobile e neppure di uno scienziato. Era figlio di un venditore ambulante di libri e aveva una madre analfabeta. Anche i suoi due fratelli erano particolarmente dotati, segno che forse, crescere con molti libri a disposizione dà qualche opportunità in più rispetto ad altri. Era nato nel 1790, in piena Rivoluzione Francese, l’evento epocale che vide i nobili crollare sotto l’ira a lungo repressa delle classi meno abbienti. Ammettiamo che anche questo probabilmente aveva “liberato” qualche posto di lavoro.
Cambiando completamente epoca e ambito, troviamo quello che diverrà il più grande filosofo antico: Socrate, figlio di un oscuro scultore e di una levatrice, e accanto a Socrate, anche uno dei suoi più importanti allievi, il poeta Euripide, autore delle più importanti tragedie giunte a noi, ancora rappresentate nei teatri di tutto il mondo. Euripide apparteneva a una famiglia di origini ateniesi, rifugiata sull’isola di Salamina per sfuggire alle persecuzioni dei Persiani. Si racconta che la madre, nel periodo dell’esilio, sostentasse la famiglia vendendo verdure selvatiche per le strade e che il padre, dopo aver consultato l’oracolo, lo sognasse campione sportivo. Niente di più lontano dalle aspirazioni del futuro tragediografo che, nonostante le ostinazioni paterne e una squalifica dalla gare per la troppo giovane età, riuscì a studiare con i più celebri filosofi del suo tempo.
Tra gli imperatori dell’Antica Roma, grazie al sistema di reclutamento dell’esercito aperto a tutti, furono molti sia gli “stranieri” sia gli umili, assurti alla carica più alta dello Stato per meriti militari: l’imperatore Massimino il Trace ad esempio, semi-barbaro dei confini dell’impero, oppure Diocleziano, soldato di umilissime origini, nato in Dalmazia.
Anche il famoso corsaro al servizio della regina Elisabetta Tudor, Francis Drake, era di origini oscure: la sua era una famiglia di agricoltori protestanti scampati alle persecuzioni dei cattolici; a 13 anni il giovane Francis si imbarcò su una nave mercantile e a 20 aveva già appreso così bene l’arte da diventarne comandante. La sua proverbiale abilità nel muoversi nelle più difficili acque, convinse la Regina ad affidargli il compito di operare incursioni a danno degli Spagnoli e gli valse il titolo di vice ammiraglio dell’intera flotta inglese.
Tutt’altra storia quella del francese Louis Vuitton (sì, quello delle borse) nato nel 1821 da una famiglia di umili origini nel Sud della Francia, e arrivato a piedi a Parigi (distante 250 km) a soli 16 anni per lavorare come apprendista da uno dei fabbricanti di bauli più noti a quei tempi, che lavorava per la corte di Napoleone III.
Uno dei più grandi archeologi e storici dell’arte di tutti i tempi, Johann Joachim Winckelmann nacque nel 1717 a Stendal, nel Margraviato del Brandeburgo: il padre era un povero maestro calzolaio e la madre era figlia di un tessitore. Nonostante un’infanzia piena di stenti, dimostrò una caparbietà e un’intelligenza tali da riuscire a dedicarsi agli studi fino ai massimi livelli.
Un miracolo di resistenza e vitalità nonostante un destino scellerato, sembra la vita della celebre ballerina afroamericana Josephine Baker, approdata a Parigi dai ghetti di St.Louis. Figlia di una lavandaia e di un musicista, già a 10 anni lavorava come donna di servizio e bambinaia, coltivando il suo immenso talento di ballerina e cantante, esibendosi per le strade e in piccoli teatri. Cameriera in un club in cui veniva maltrattata e torturata, tentò di scappare dalla sua situazione sposandosi a 13 anni, ma il matrimonio fallì dopo pochissimo tempo. A 16 anni, già apprezzata artista, girava gli Stati Uniti, spesso senza essere pagata. Nel 1925 (a soli 19 anni) riuscì ad avere un ruolo di primo piano nella Revue nègre al Théâtre des Champs-Elysées, a Parigi e divenne una star. La si ricorda più per le sue buffe espressioni, la sua bellezza e le sue passeggiate con il leopardo, che per altri grandi meriti che ebbe, come quello di aver lavorato per la Resistenza francese, per i servizi segreti e per la Croce Rossa, tanto che alla fine della guerra le fu riconosciuta la Légion d’honneur. Ormai ricca e famosa, con il marito acquistò un castello e adottò 12 bambini di diverse nazionalità, sostenne sempre l’American Civil Rights Movement e combatté strenuamente contro i pregiudizi razziali nel suo paese d’origine che l’aveva sempre emarginata, fino ad affiancare Martin Luther King, nel 1963 durante la famosa Marcia su Washington per il Lavoro e la Libertà.
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