Il mondo della moda, in piena attività, tira le fila delle sue marionette viventi sulle passerelle milanesi per la settimana dedicata al fashion. Al di là dell’arte sartoriale eccelsa, devo ammettere che
le mannequins mi hanno sempre trasmesso una certa malinconia. Non per la loro irraggiungibile bellezza, ma perché il mestiere di indossatrice sembra non essersi mai affrancato dalle sue origini.
Quando, nel XVII secolo, la parola “moda” inizia ad essere usata correntemente per indicare le differenti fogge del vestire, le “indossatrici” hanno già diversi secoli e da sempre viaggiano per il mondo come ambasciatrici di questo o quel sarto. Viaggiano senza risentire di caldo, freddo o intemperie di sorta, sono infatti … bambole. Vere e proprie bambole di terracotta alte tra i 10 e i 20 cm, all’epoca degli antichi romani, diventano col tempo manichini di legno ad altezza naturale che vengono recapitati ai clienti più lontani per mostrare le nuove creazioni e illustrare anche la maniera corretta di indossarne le varie parti, essendo gli abiti via via sempre più elaborati.
Alla fine del Cinquecento la speciale “indossatrice” dei sarti francesi si chiama “parisienne” ed è una bambola di cera e cartapesta che funge da manichino per i vestiti di sovrani e cortigiani, ma anche da ambasciatrice di moda nel resto d’Europa per diffondere nelle province e nelle altre corti le novità estetiche della capitale del fashion rinascimentale.
Quando, nel Settecento, l’andirivieni di “pupe” (così erano chiamate le bambole indossatrici) tocca l’apice, nelle case di moda e nelle sartorie più importanti, già da tempo le ”ragazze legnose” vengono fatte sfilare privatamente per i clienti più prestigiosi, munite di un guardaroba completo a prova di Barbie, la nostra moderna fashion doll.
Il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale, ampliando a dismisura il potenziale mercato della moda, segna una svolta anche nella scelta delle indossatrici: ormai non si servono solo le corti, i modelli vengono illustrati attraverso figurini spediti in tutto il mondo, ma i nuovi atelier hanno bisogno di organizzare eventi che possano sedurre questo nuovo ceto borghese che costituisce la clientela più appetibile e diffusa, così nasce la moderna “sfilata”.
Il primo ad organizzarne una è il britannico Charles Frederick Worth, sarto e stilista, che opera a Parigi, conquistando con le sue creazioni personaggi in vista come la principessa di Metternich e come l’imperatrice Eugenia De Montijo, moglie di Napoleone III. Viene considerato l’inventore dell’haute couture, è infatti il primo a decidere di far sfilare i modelli in anticipo rispetto alla stagione e, attento alla proprietà intellettuale delle sue creazioni, decide di apporre un’etichetta con il suo “marchio” all’interno degli abiti e sui cartamodelli (altra sua invenzione) delle creazioni che decide di diffondere sul mercato. Ma la vera innovazione di Worth è quella di sostituire le “pupe” di legno o cartapesta con indossatrici in carne e ossa (allora c’era ancora carne) per proporre modelli di abiti sempre nuovi che non venivano realizzati secondo il gusto dei clienti, ma secondo il gusto del sarto, e sfilavano sotto gli occhi dei ricchi borghesi di tutto il mondo durante eventi spettacolo, progenitori delle scintillanti passerelle contemporanee.
© riproduzione riservata