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Ed ora … Tango!

coppie ballano un appassionato tango, illustrazione 1919 elaborazione ©Fototeca Gilardi

L’ elegante e coreografica sensualità del tango argentino potrebbe trarre in inganno sulle origini di questa danza che non nasce certo in aristocratiche sale da ballo. I primi passi di tango iniziano infatti a risuonare, intorno al 1880, tra i vicoli dei bassifondi di Buenos Aires, nella zona portuale della città dove si riversarono migliaia di immigrati a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Nelle “orillas”, i poveri quartieri periferici di Buenos Aires, nel giro di pochi decenni si ritrovano a vivere fianco a fianco giovani uomini europei in cerca di fortuna, ex militari autoctoni rimasti senza occupazione e tutta una serie di figure malavitose che gravitano solitamente nei bassifondi delle grandi città. Ben presto le “orillas” si riempiono di bordelli (i “quilombos”), prostitute e relativi papponi (“rùfianes”), che in quelle orde di uomini soli vedevano la possibilità di solidi guadagni, mentre guappi di quartiere, i “compadres”, iniziavano a spuntare come funghi e a scontrarsi per il controllo degli affari. È appunto in questo humus che si sviluppa piano piano il tango, tra i bordelli e le osterie, danzato da prostitute, malavitosi ed emarginati, con movenze e testi esplicitamente erotici o addirittura pornografici, mescolando il ritmo e i passi della Milonga, con il Candombe e il Tangano di origine africana, la Habanera cubana e il Valzer. Gli stessi musicisti e compositori sono “orilleros”, gente che non svolge mestieri legali, che suona a orecchio e compone pezzi che parlano di sesso, omicidi, carcere e risse. Si suona nei vicoli, per le strade, nei piccoli locali inizialmente con la sola chitarra, poi si aggiungono il violino, il flauto, il clarinetto, ma solo con l’introduzione del bandoneon, una piccola fisarmonica di origine tedesca, il tango acquista quella cupezza e malinconia che lo contraddistinguono.
Inizialmente furono gli uomini a danzare in coppia il tango per apprendere lo schema, i passaggi complessi e la gestualità machista che comprendeva prese coreografiche e atteggiamenti minacciosi.
Ben presto questo ballo intenso e sensuale iniziò ad uscire dai quartieri periferici e degradati per apparire nei caffè, nelle sale da ballo e nelle feste pubbliche, per poi diffondersi nel mondo contagiando l’Europa e trasformandosi, ad opera degli inglesi, in un ballo più codificato, freddo e “pulito”.
Il 1912 è l’anno dell’affrancamento del tango dalle periferie e, meno di 10 anni più tardi, Rodolfo Valentino lo porterà sugli schermi cinematografici legando per sempre la sua fama di seduttore al languido ballo nel fumoso postribolo dei “I quattro cavalieri del’Apocalisse”.

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