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È nato prima l’uomo o la “donnina”?

Certamente non sarà la pubblicità a cambiare la visione sociale della donna, ma piuttosto saranno i costumi a cambiare la pubblicità.
Volgendo lo sguardo al passato però, è piuttosto sconfortante notare la continuità di prospettiva nel dipingere la donna con degli stereotipi mai cambiati negli ultimi due secoli, come notava di recente la presidentessa della Camera Laura Boldrini, suscitando polemiche a non finire.
Osservando le locandine storiche, soprattutto quando il target al quale si rivolgono è maschile, l’immagine più ricorrente  (allora come ora) è quella della donna seduttiva, avvinghiata appassionatamente al prodotto pubblicizzato (in versione gigantesca), spesso svestita o investita da opportune folate di vento. Dalla birra alla penna, dalle valvole alla lozione per capelli, dalla sigaretta alle radio, fino a panettone e spumante, tutto sembra mandare l’umano–femmina in visibilio.
Oltre ad entusiasmarsi la donna fa anche un’altra cosa. La casalinga.
Ed eccola apprezzare con sorrisi soavi, elettrodomestici, detersivi, conserve e macchine da cucire.
Ma che lavoro fanno queste donne? Le cameriere ovviamente!
Nell’immaginario pubblicitario del XIX e XX secolo, era l’unico mestiere previsto, sebbene esistessero già operaie, infermiere, educatrici, artiste, sarte e così via.
Per fortuna la donna “pubblicizzata”si rilassa al mare o in montagna, ma sempre vestita o svestita all’ultima moda.
Il passato grazie al cielo, ci risparmia almeno la recente visione della donna abusata o “abusante”, ultima moda nella comunicazione d’impatto.
Forse è vero che debba essere la società a spazzare via gli stereotipi, tuttavia questa carrellata di manifesti e inserzioni storiche, inducono a sospettare che ci sia qualcosa, infondo all’animo umano, che non riesce ad evitare di semplificare la realtà riducendola a uomini “macho-forti-autorevoli” e donne “sexy-fragili-servizievoli”.
Speriamo che non sia così.

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