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«Confesso che ho vissuto» Pablo Neruda

(una foto al giorno leva l’ignoranza di torno) a cura di Lost Dream Editions

Sarò forse troppo indulgente nei miei confronti, ma, non contando i numerosissimi “peccati” sessuali, soprattutto commessi con i pensieri e con le immagini, se fossi cattolico, come lo ero da giovane, non avrei avuto e non avrei alcun peccato da confessare. A volere essere pignoli, probabilmente avrei dovuto amare di più il mio prossimo, anche se di rado ci impegnamo ad essere oggetto d’amore. Per il resto ho sempre cercato di non fare agli altri quello che non volevo che fosse fatto a me, e, kantianamente, ho cercato sempre di pensare gli altri come se fossero un fine e non un mezzo.
È a causa di queste considerazioni che un’immagine come quella pubblicata in questo post mi sconcerta profondamente, anche se poi sono convinto che, seppure probabilmente con parole diverse, le “colpe” affidate all’orecchio del sacerdote cattolico dagli operai inginocchiati siano le stesse. Qualche anno fa, a questa fotografia, pubblicata nel saggio “Il bosco incantato”, avevo accostato la seguente didascalia: «Quali ordini sinaitici non avranno rispettato questi operai per sentire il bisogno di confessarli così platealmente? Danzica, agosto 1980. Dei sacerdoti confessano alcuni lavoratori in sciopero di Solidarnosc che presidiano i cantieri Lenin. Dalla protesta di questo sindacato cattolico avrà origine la fine del comunismo in Polonia.
( foto da Alberto De Bernardi, Il racconto delle grandi trasformazioni, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori 2001 )»

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