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Come quando fuori piove

Nessuno sa di preciso quando furono introdotte in Europa le carte da gioco, ma di sicuro Francesco Petrarca nel suo trattato sui giochi “di fortuna” (cioè d’azzardo) nel 1279, ancora non le menzionava.
Nate probabilmente in Cina come una sorta di banconota con la doppia funzione di tessera illustrata e “posta” in gioco, prima di arrivare in Europa prendono la forma a noi conosciuta (un mazzo con semi e figure) nelle mani dei Mamelucchi, i soldati-schiavi egiziani, alla fine del XIV secolo.
Il mazzo dei mamelucchi conteneva infatti 52 carte divise nei 4 semi che tutt’ora le caratterizzano: bastoni (da polo!), denari, spade, coppe.
A partire dal 1300, insieme alla diffusione del gioco delle carte si diffondono anche le ordinanze che lo vietano nei giorni dedicati al lavoro, oppure i volumi che citano varie tipologie di mazzi in circolazione.
Varia il numero delle carte, le figure non sono inizialmente Fante, Cavallo e Re, ma ci sono Re e Regine (a volte raffigurati come sovrani celebri della storia), cavalieri e servi; anche i semi variano: nelle carte tedesche del 1400 sono frequenti Cuori, Campanelli, Foglie e Ghiande, mentre Cuori, Quadri, Picche e Fiori sono i 4 semi di origine francese.
La Francia diviene presto il centro di produzione di carte da gioco più importante d’Europa ed è proprio qui, più precisamente a Rouen, che si inizano a raffigurare i 4  “re” con le figure di David, Alessandro Magno, Giulio Cesare e Carlo Magno.
Nel Rinascimento le immagini delle carte da gioco sono estremamente varie: scene di corte o di caccia, animali fantastici, decorazioni floreali e immagini mitologiche sono i repertori preferiti dai fabbricanti.

Secondo alcuni, i semi si riferiscono agli ordini sociali classici nell’epoca medievale: Coppe per il Clero, Denari per i Mercanti, Spade per i Nobili, Bastoni per i Contadini. Secondo altri, invece, il riferimento è alle quattro stagioni.
Nel corso dei secoli le figure delle carte da gioco si sono sempre più stilizzate e i dettagli originari sono spesso scomparsi: il re di cuori ad esempio veniva da alcuni chiamato “re suicida” perché brandiva un’ascia sopra la testa, ma forse in realtà rappresentava solo re Clodoveo nell’atto di fondare la cattedrale di Parigi.
La popolarità del gioco delle carte ha lasciato diverse tracce anche nel linguaggio comune, quando indichiamo, ad esempio, qualcuno o qualcosa di nessun valore paragonandolo “al due di coppe (quando briscola è bastoni)” oppure quando diamo “il due di picche” a spasimanti indesiderati. E nella mente di molti risuona ancora la frase: “Come Quando Fuori Piove” l’espediente per ricordare l’ordine di successione dei semi.
Sulla scia delle carte da gioco nascono, sempre nel XV secolo, anche i Tarocchi, composti da due mazzi di 22 “Trionfi” (o Arcani Maggiori) e 56 carte comuni (o Arcani minori), destinati alla divinazione, che avranno una particolare diffusione presso le famiglie più nobili, in versioni riccamente decorate.

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