Nella storia dei procedimenti per creare immagini il XIX è stato un secolo decisivo, tuttavia per quanto concerne la riproduzione delle immagini in movimento è avvenuto come per quelle “fisse”: prima della invenzione della fotografia (1839) erano già anni o addirittura secoli che si facevano muovere le immagini “manuali” ottenendo risultati molto interessanti, questo insieme di tecniche di disegno e di macchine per la riproduzione illusoria del movimento, si definisce pre-cinema. Inizialmente era la proiezione di trasparenze oppure sagome, ombre etc., che si facevano muovere manualmente per creare l’illusione e poi, dopo che fu scoperta la scomposizione del movimento, l’animazione vera e propria dei disegni. La scoperta avvenne prima del 1839, e precisamente tra il 1829 e il 1833 un fisiologo, Joseph Plateau, scoprì il fenomeno della persistenza della visione e applicando il principio nel 1832 inventò il fenachistoscopio, l’antenato più diretto del cinema d’animazione e quindi anche del cinema. L’invenzione del cinema d’animazione sfrutta il principio della scomposizione del movimento molto prima che il cinema con fotogrammi fotografici e solo da un certo periodo in là, la storia dei due procedimenti viaggia parallela. Il fotogramma fotografico diventò l’automazione del fotogramma disegnato. I primi cartoni animati della storia furono realizzati da Emile Reynaud, un insegnante di scienze francese che nel 1876 costruì un prassinoscopio, un apparecchio che permetteva di far scorrere molto velocemente (osservandole attraverso una fessura) alcune figure disegnate, ognuna con una piccola differenza rispetto alla precedente, dando così l’impressione di essere figure animate. Il 28 ottobre 1892, al museo Grévin di Parigi, Reynaud presentò per la prima volta uno spettacolo di animazione che si intitolava “Pauvre Pierrot”, ovvero Povero Pierrot.
Gli antenati di queste prime immagini in movimento, come dicevo, risalgono ad epoche antichissime: si tratta degli spettacoli di ombre proiettate sui muri (come le ombre cinesi), conosciute persino dagli Antichi Egizi. Invece il primo “strumento meccanico” per proiettare delle immagini fisse, era arrivato nel 1671 ad opera del gesuita Athanasius Kircher, inventore della Lanterna Magica. Nei secoli successivi era seguita una serie di strumenti, più o meno complessi, che avrebbero portato progressivamente all’idea e alle tecniche del disegno animato, come ad esempio il taumatropio (inventato nel 1824, costituito da un disco di cartone con un disegno per ognuna delle due facce; facendolo girare velocemente, attorcigliando il cordino che lo attraversa longitudinalmente, i due disegni appaiono sovrapposti oppure si ha l’idea di movimento) e il fenachistoscopio (inventato nel 1832, costituito da due dischi congiunti; su un lato era disegnato un circolo di figure leggermente differenti fra loro, sull’altro disco erano praticate delle fessure; ruotando il fenachistiscopio per mezzo di un bastone, di fronte a uno specchio, era possibile osservare una breve sequenza animata).
L’avvento del cinematografo ad opera dei fratelli Lumiére pochi anni dopo l’avvento del prassinoscopio di Reynaud, permise la realizzazione del primo cartone animato su pellicola: “Fantasmagorie” di Émile Cohl, nel 1908.
All’inizio degli anni Trenta fu invece Walt Disney ad avere l’idea di un cartone animato a colori: dopo vari esperimenti all’interno dei propri laboratori, seppe che la Technicolor aveva inventato un metodo per combinare tre negativi (rosso, giallo e blu) per ottenere l’intera gamma di colori, così acquistò l’esclusiva del procedimento per due anni, e realizzò “Flowers and trees”, il primo cartone animato a colori della storia. Fu questa tecnica ad ispirare Anton Gino Domeneghini, il regista italiano che nel 1949 realizzò “La rosa di Bagdad”, il primo cartone animato a colori europeo (insieme al tedesco “Le avventure del principe Achmed” ) disegnato, tra gli altri, dal maggiore illustratore per bambini dell’epoca, Libico Maraja e da Guido Zamperoni.
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