Vai al contenuto
Home » Blog » Canapa: il demone ecologico

Canapa: il demone ecologico

Cannabis (Canapo, Canapa) da erbario Pinatei e Matthioli 1561elaborazione ©Fototeca Gilardi

Ci sono momenti della storia in cui svoltare dalla parte sbagliata è questione di un attimo.
Basta distrarsi un istante, rinunciare ad approfondire le questioni per inerzia, disorganizzazione, ignoranza. Basta piegarsi al “tam tam mediatico” e ti ritrovi in guai seri, con un problema che poteva non esistere e che invece sarà arduo risolvere.
Quando Henry Ford, nel 1937 prese a martellate la sua “Hemp Body Car” per testarne la resistenza, l’umanità era a un bivio in cui campeggiavano i cartelli “plastica” e “bio-plastica”.
Scegliemmo la plastica.
Sembra impossibile, ma è così: già 70 anni fa la Hemp Body Car di Ford era un’auto interamente realizzata con bio-plastica ricavata dai semi di soia e di canapa, alimentata da etanolo di canapa e dotata di una carrozzeria più leggera e resistente di quelle in metallo, tanto che il famoso colpo di martello non le fece neppure un’ammaccatura.
Di fronte a tanta meraviglia, a un successo del genere, sarebbe stato lecito supporre una decisa e immediata rinuncia al petrolio e ai suoi derivati, un entusiastico passo indietro rispetto allo sfruttamento di giacimenti sottratti con la forza a popolazioni inermi, una riconversione dell’industria … invece il risultato fu la messa al bando della canapa e la distruzione della fonte di sostentamento di intere popolazioni. L’Italia all’epoca era il secondo produttore mondiale.
Da millenni questa pianta era utilizzata come fibra per la produzione di abiti, cordami, vele; l’olio ricavato da suoi semi aveva un uso cosmetico ed era sfruttato come combustibile; di canapa era fatta la preziosa carta su cui Gutenberg stampò la sua prima Bibbia e quella su cui gli Americani scrissero la loro Costituzione.
Furono proprio questi ultimi a dare il colpo di grazia alla coltivazione della canapa i cui usi psicotropi erano noti da sempre e che funsero da pretesto per spazzare via dal mercato l’umile pianta. Il fatto che la canapa potesse mettere in ginocchio i potenti petrolieri e produttori di auto, ma anche chi, come il miliardario della stampa Hearst, aveva investito in carta “da albero”, fu la miccia che diede fuoco al sempre latente spirito proibizionista americano: Ford aveva inventato la cosa giusta nel momento sbagliato.
Proprio nel 1937 attraverso il Marijuana Tax Act la coltivazione della canapa venne messa al bando, con il pretesto che la cannabis induceva violenza e follia nelle persone che la consumavano… come se avessimo raso al suolo tutte le vigne del mondo perché il vino rischia di ubriacare chi ne abusa, con l’aggravante che con la vite non fai altro che vino, mentre con la canapa avremmo potuto dare una decisa svolta ecologica al nostro sviluppo.
Ecco come il Federal Bureau of Narcotics giustificò all’epoca la distruzione di una fiorente economia rispettosa dell’ambiente: “Negli Stati Uniti d’America ci sono 100mila fumatori di marijuana. La maggior parte di loro sono negri, ispanici, filippini e artisti. La loro musica satanica, il jazz, lo swing, sono il risultato dell’uso di marijuana. La marijuana provoca nelle donne bianche il desiderio di intrattenere rapporti sessuali con negri, artisti e altri. (…) La marijuana è una droga che provoca assuefazione e produce negli utilizzatori insanità, criminalità e morte. La marijuana porta al lavaggio del cervello pacifista e comunista. Gli spinelli inducono i negri a pensare che sono come gli uomini bianchi. La marijuana è la droga che più ha causato violenza nella storia dell’uomo.”
Parole che vennero opportunamente usate dal potente Hearst attraverso il suo impero mediatico per orientare un’opinione pubblica pigra e distratta.
Parole che, poco diverse, ancora risuonano nelle nostre orecchie proprio qui in Italia, nel paese che era stato il primo fornitore di vele e cordami della marina britannica, dove la canapa era una delle maggiori risorse economiche agricole, tessili e industriali.

© riproduzione riservata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *