Quando, nel 1895, Rudyard Kipling scrisse “Il libro della Giungla” (ora nelle sale cinematografiche in una nuova versione animata), forse già immaginava che i protagonisti della sua storia avrebbero avuto bisogno di un nuovo Noè. All’inizio del romanzo infatti, gli animali tengono un consiglio su chi dovrà allevare Mowgli, il piccolo umano che ha perso i genitori a causa della feroce tigre Shere Khan, ma le perplessità, anche tra gli animali più “feroci” sono tante: Mowgli appartiene ad una specie pericolosissima, quella umana.
I fieri lupi si prendono questo fardello sulle spalle e
crescono Mowgli secondo le loro regole di branco, con successo. Tuttavia col tempo Mowgli sarà l’unico “animale” della giungla a saper affrontare la sanguinaria tigre del Bengala, con uno sprezzo del pericolo e una caparbietà che nessuno di loro comprende.
La legge della giungla è fatta di lealtà e di rispetto per la vita. Lo sanno bene gli Scout, i cui “capi” ancora si indicano con nomi dei protagonisti di questa storia e insegnano le regole per rispettare la natura in tutte le sue forme. Tuttavia, in questi 120 anni, molte delle creature che Kipling raccontava sono arrivate alle soglie dell’estinzione, proprio a causa dei “compagni di specie” di Mowgli.
Ormai centinaia di animali possiamo osservarli solo attraverso le tavole zoologiche degli esploratori ottocenteschi, autentica (involontaria) arca di Noè moderna e, grazie all’idea di un fotografo, Joel Sartori (ideatore del progetto Photo Ark – arca fotografica) altre migliaia di “tavole”, raccoglieranno i ritratti di numerosi animali la cui sopravvivenza è seriamente messa a rischio, che il National Geographic ha voluto onorare dedicando loro 10 copertine diverse, nella versione statunitense del numero di Aprile.
La biodiversità, nella sua magnificenza, è qualcosa che troviamo sempre più estranea alla nostra natura, o che forse diamo semplicemente per scontata. La varietà vive sempre meno nella realtà e sempre più nell’immaginazione. E non dobbiamo pensare che il pericolo riguardi animali particolari o già rari.
Quando ci immaginiamo gli antichi indiani d’America li vediamo vivere in simbiosi con le mandrie di bisonti …
Quando pensiamo ai laghi africani li vediamo popolati di ippopotami, le savane popolate di rinoceronti …
Quando immaginiamo i Poli vediamo le coste ghiacciate, coperte di foche e pinguini …
… ecco, tutte queste sono specie in difficoltà, alcune varietà sono addirittura sull’orlo dell’estinzione.
Moltissimi pipistrelli sono già scomparsi, molte varietà di lupi anche. Da tempo si cerca di tutelare koala, panda e tartarughe marine, entrate nell’immaginario di tutti come le tipiche “specie protette”, ma l’avanzata umana legata, ad esempio, allo sfruttamento delle palme da olio, oggi ha rapidamente messo a rischio gli oranghi, lo stesso ha fatto la pesca indiscriminata, nei confronti del tonno rosso e il bracconaggio, con gli elefanti. Il cerchio si stringe intorno a noi, inizia a toccare animali sempre più vicini, sempre più “comuni”.
Questo dovrebbe essere un campanello d’allarme udibile da tutti, utile per agire tempestivamente attraverso le nostre scelte economiche (le uniche che abbiano un peso effettivo sul futuro) per salvaguardare il nostro “branco allargato”.
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