Vai al contenuto
Home » Blog » AstroDonne – La Capricorno Francesca Bertini

AstroDonne – La Capricorno Francesca Bertini

AstroDonne - La Capricorno Francesca Bertini - elaborazione ©Fototeca Gilardi

Francesca Bertini nasce a Firenze, come Elena Seracini, il 5 gennaio 1892. Il fitto mistero che avvolge la sua data di nascita (troviamo un 5 maggio 1896, un 11 aprile 1892, etc. ) viene chiarito da lei stessa molti anni dopo essere diventata la più grande attrice italiana del cinema muto. Se qualcuno avesse dubbi sul fatto che Francesca Bertini fosse un Capricorno, basterebbe ricordare che proprio per lei nel 1915 fu coniato l’appellativo di diva, appioppato oggi a sproposito a molte artiste davvero poco “divine”.
La Diva per antonomasia non poteva che appartenere al Segno che domina lo Zodiaco dall’alto, quello che rappresenta la massima realizzazione professionale, l’ambizione, il duro lavoro per raggiungere l’Olimpo degli Indimenticabili. Anche il titolo della sua autobiografia è rivelatore: “Il resto non conta”, il perfetto mantra del Capricorno che, nella sua scalata verso il successo, riesce ad ignorare freddamente intralci di vario tipo, dalla propria fatica ai sentimenti altrui.
Figlia di un’attrice toscana, prende il secondo cognome, Vitiello, dal patrigno napoletano per poi ribattezzarsi da se’ con uno pseudonimo meno partenopeo, non appena la sua carriera inizia a decollare paradossalmente con l’interpretazione di un personaggio che più napoletano di così non si può, quello di “Assunta Spina” una donna combattuta tra due uomini, sfregiata dall’uno, abbandonata dall’altro, che alla fine prenderà su di sé la colpa dell’omicidio del secondo uomo per salvare il primo. Una trama che illustra perfettamente lo spirito dell’epoca e i temi preferiti della Belle Epoque, una trama che astrologicamente ritroviamo nel cielo di nascita di Francesca Bertini, in particolare nella posizione della Luna (emotività) e di Giove (il linguaggio del corpo) nel romantico segno dei Pesci, appassionato di storie tragiche e maestro di pathos. La stessa gestualità che la “Diva dolorosa” porta sullo schermo è intensamente drammatica, ma l’immenso talento della Bertini nel giro di pochi anni la porterà a ricoprire ruoli abissalmente diversi l’uno dall’altro con una capacità di trasformismo che poteva derivare solo dalla congiunzione Nettuno-Plutone nel teatrale segno dei Gemelli, in trigono con Venere (arte) e Saturno (autodisciplina). Ecco come lei stessa descrive il suo mestiere di attrice, rivelando sia la sua natura acquatica istintuale, sia l’autorevolezza e il senso della misura capricornini: “Recitare allora era una cosa seria. O si aveva la capacità medianica di imporsi alla folla, o niente. Mi fanno ridere, oggi, tante effimere celebrità. In un’epoca in cui la recitazione tendeva all’artefatto, al magniloquente, io imparai da sola — perché non ho mai avuto maestri, non ho mai visto la Duse — che bisognava essere misurati, gestire con parsimonia, non roteare gli occhi, muoversi con disinvoltura ma con autorità, guardare in faccia il pubblico, altro che regina del liberty, altro che regina floreale.”
Che fosse del tutto immune dalla magniloquenza, forse, non è del tutto vero, dotata com’era di un sestile Sole-Giove, così come possiamo affermare con una certa sicurezza che il sestile Sole-Marte la rendesse piuttosto autoritaria e dominatrice, orgogliosa del suo innato spirito stakanovista, come si evince dalla sue stesse parole: “Fare la diva a quel tempo era massacrante: sveglia alle sei del mattino, e subito sul set, come si dice ora. Poi, quando erano finite le riprese, cominciava il resto. Perché i miei film li montavo io stessa, e questa oggi è una cosa che molti si sono dimenticati. Restavo sveglia anche fino alle tre di notte, a scartare gli spezzoni di film mal riusciti e a cucire tra di loro i buoni. Allora non c’erano le moderne moviole e i mille altri prodigi tecnici che sono la forza del cinema d’oggi: io gli spezzoni selezionati li fissavo l’uno all’altro mediante gli spilli. Pensavano poi altre persone a incollarli.”
Furono un centinaio i film che girò in meno di dieci anni di sfolgorante carriera, dal 1914 al 1921, anno in cui sposò Alfred Cartier, un ricchissimo banchiere svizzero (ex calciatore professionista) e diede l’addio (a suo dire forzato) alle scene nonostante una proposta milionaria da Hollywood: Venere (pianeta dell’amore e dell’arte) nel distaccato ed ironico Aquario, nel Tema natale di Francesca Bertini era leso dai due pianeti che simboleggiano il mondo maschile, Marte e Plutone, fortissimi nel segno dello Scorpione: sicuramente questo aspetto si sarà espresso come una scelta dolorosa tra arte e partner, tra l’amore e la sua affermazione personale. Da buona stratega attenta alle proprie esigenze materiali aveva però compreso che una Diva del cinema muto dalla voce non propriamente soave, con l’avvento del sonoro avrebbe potuto cadere rovinosamente dalla vetta alla quale era giunta, così si ritirò a vita privata lasciando intatto per decenni il suo mito e continuando a ricevere ospiti fino ai novant’anni nella hall del Grand Hotel, come ai tempi del suo massimo splendore, tenendo segreto il fatto di abitare in un modesto appartamento messole a disposizione da un’amica.
Nelle interviste degli ultimi anni della sua vita emergono prepotenti la viva intelligenza e l’autoironia gemellare di questa eccezionale attrice, che creava i suoi costumi da sola, drappeggiando e facendosi cucire addosso metri di stoffa, seguita immediatamente dal suo pubblico femminile che l’aveva scelta come un’icona della moda. Fosse vissuta in tempi più recenti avrebbe potuto ricoprire egregiamente il ruolo di regista e, considerando quella modernissima e anticonformista Venere in Aquario, non c’è da dubitare che il suo sarebbe stato un eccezionale apporto al cinema italiano.

© riproduzione riservata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *